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Attenzione: per alcune escursioni è possibile scaricare le tracce GPX in basso dopo il testo!!

lunedì 26 novembre 2007

Notturna sul Dolcedorme ... aspettando l'alba


Affascinante,avventurosa,e sotto certi versi romantica,l’ascensione notturna compiuta nella notte tra Sabato 24 e Domenica 25 novembre da me e dagli altri due compagni di cordata,Massimo e Giovanni.
Fortemente voluta,qualcosa che doveva andare oltre la banalità di dormire in tenda,svegliarsi la mattina,fare una mezz’ora di cammino per salire sulla cima ed ammirare l’alba.Avremmo invece camminato tutta la notte per raggiungere la meta:Vetta della Serra Dolcedorme (massimo rilievo del Parco del Pollino)aspettando il sorgere del Sole.
La scelta di incamminarci sabato notte è stata azzeccata, perchè notte di luna piena beneficiando così di un’ottima visibilità notturna.E poi,che dire del fascino che procura l’essere accompagnati da essa per tutta la notte guidando i nostri passi e creando un’atmosfera notturna d’incanto, mentre i suoi raggi argentei si riflettevano sulla candida neve facendo risaltare il profilo dei monti circostanti avvolti dall’oscurità.Credo che un’esperienza simile debba essere vissuta da chiunque ami davvero la montagna.
Ci avviamo dal mio paese alle 23.45 giungendo alla località di partenza a mezzanotte e mezzo,Colle della Scala(1200 m.)Dopo i preparativi di rito ci incamminiamo all’una risalendo l’erta pendice di Timpa del Principe (1741 m.) che raggiungiamo in un ora circa.L’itinerario si snoda lungo quella che viene chiamata “Via dell’Infinito”,la lunghissima cresta di monti che culmina con il Dolcedorme passando per i Monti Manfriana.
Le nostre lampade frontali potrebbero anche non servire ma le utilizziamo soprattutto nei passaggi più articolati su roccette e misto.Oltrepassato il Passo del Principe (1685 m.) le nostre caviglie vengono messe alla prova nel traverso che parte dal Passo,aggira la Serra di Malaverna fino all’attacco della cresta della Manfriana Occidentale.Quì troviamo la neve.
Uno dei tratti più belli e tecnici a mio parere è stato l’attraversamento della lunga ed aerea cresta della Manfriana Occidentale,districandoci tra facili roccette,e passaggi in mezzo piccoli arbusti resi insidiosi dalla presenza di buchi coperti dalla neve.Il panorama da qui è davvero notevole:la misteriosa “Afforcata” alla nostra destra,la stretta insellatura posta tra le due vette della Manfriana e la Valle del Coscile a sinistra con le luci della dormiente cittadina di Castrovillari.Davanti a noi la lontanissima sagoma del Dolcedorme.Alle 4.30 raggiungiamo il culmine più alto della Manfriana Occidentale e già qualche bagliore di luce comincia a scorgersi all’orizzonte,sul mar Jonio.
E’ chiaro che non saremo in vetta per l’alba,la via è davvero lunga e interminabile.Infatti,giunti al Passo del Vascello (1902 m.) fra il complesso della Manfriana e la lunga cresta est del Dolcedorme siamo pronti a dare il benvenuto al nuovo giorno.L’alba è davvero splendida,dai colori sgargianti che vanno dall’arancione al rosso fuoco.Il tutto è reso ancor più suggestivo da una gigantesca luna argentea che nel frattempo tramonta dietro il Dolcedorme.
Alle 6.40 veniamo completamente rapiti da questo superbo spettacolo che la natura ci offre:montagne poderose coperte da candida neve e punteggiata dagli immancabili pini loricati ,il mare all’orizzonte,la luna piena e i primi raggi del sole che investono progressivamente il paesaggio dipingendolo completamente di rosa,la vittoria della luce sulle tenebre.Rileviamo le impronte di un grosso lupo che ci precede nel nostro stesso percorso,dritto per la maestosa cresta est del Dolcedorme.Chissà se qualche minuto prima anch’esso stesse aspettando il sorgere del sole dallo stesso punto.
Ora siamo pronti a produrre il massimo sforzo per raggiungere la vetta.Stanchi e affaticati risaliamo il lunghissimo crestone tra il vertiginoso versante sud,aspro e dirupato e il pendio della levigata parete nord coperta da una considerevole coltre di neve che precipita verso il Piano di Acquafredda.Siamo ai 2267 m. della cima alle 8.25.
Il registro di vetta accoglierà ancora una volta le impressioni di tre appassionati che non si stancheranno mai di tornare a calcare le terre del Pollino e conquistare la magia di questa splendida montagna……anche di notte.

venerdì 19 ottobre 2007

Gran Sasso:a cavallo tra i due Corni


Ormai considero il massiccio del Gran Sasso la mia seconda patria “montana”;credo infatti che a confronto con il resto della catena appenninica,sia il più spettacolare e alpestre,un pezzo di Dolomiti.Sia dal versante aquilano che da quello tramano davvero merita di essere vissuto intensamente.
Quest’anno sono in compagnia di Carlo che mi farà da guida nell’ascensione al Corno Piccolo e alla Vetta Orientale del Corno Grande,che è vero,non è la più alta (Vetta Occidentale 2912 m.),non è la più difficile (Vetta Centrale) ma sicuramente è la più bella dal punto di vista del paesaggio che,come un sipario ti schiude scenari incredibili in tutte le direzioni:dall’azzurrino Adriatico ad E,Campo Imperatore a S con la Maiella che troneggia all’orizzonte;Pizzo Intermesoli e la Val Maone ad O,il Corno Piccolo a NO con il pittoresco lago di Campotosto all’orizzonte e i Monti della Laga a N.

giovedì 4 ottobre 2007

L'anello dell'Angioletto

 L’escursione di oggi,30 settembre parte dal centro di S.Sosti e sembra assumere già dal principio le caratteristiche di una ascensione particolarmente impegnativa e dura. Ciò a motivo del notevole dislivello da colmare,ben 1222 m. impostoci dalla mancanza di mezzi fuoristrada che avrebbero permesso al gruppo di 13 audaci di raggiungere l’attacco molto più in alto. Il centro, di origine greco-bizantina, sorge a 363 metri sopra il livello del mare.ed è situato alle falde del gruppo montuoso della Mula, settore sud-occidentale del Pollino , al centro di una ampia conca boscosa dove si apre la valle del torrente Rosa.  Nasce come comunità di fuggiaschi ed emigrati che trovarono asilo presso il Santuario Basiliano di San Sosti .Ogni anno è meta di centinaia di pellegrini che raggiungono il santuario della Madonna del Pettoruto situato in una zona incantevole dal punto di vista paesaggistico.
 
La valle del fiume Rosa era una antica via istmica che consentiva gli scambi commerciali tra le città greche di Sibari e Laos,quindi tra Jonio e Tirreno. L’importanza strategica del luogo è suffragata anche dalla presenza del Castello della Rocca , un articolato complesso fortificato d'età medioevale collocato su una strapiombante rupe rocciosa a m. 550 s.l.m. che domina la gola del torrente Rosa . La rocca nasce probabilmente già nell'XI secolo d.C., come provano i rinvenimenti monetali di età bizantina e cessa la sua funzione nella seconda metà del XIII secolo.Ebbe una funzione di vigilanza della via istmica denominata in questa fase storica “Via del sale”,perché attraverso di essa veniva trasportato sui porti del Tirreno il salgemma dalla miniera di Lungo.
S.Sosti è nota soprattutto per il ritrovamento nel 1846 in località Casalini di Porta Serra,di un’ascia votiva in bronzo, notissima agli epigrafisti per la dedica in dialetto dorico,iscritta in caratteri achei da Kyniskos Ortamos,importante funzionario della misteriosa città di Artemisia.ad Hera,moglie di Zeus,regina del cielo.In questa località pare esistesse infatti,un tempio a lei consacrato.Dunque una valle ricca di storia e intrisa di spiritualità.
Veniamo all’escursione.Il gruppo si ritrova nella piazzetta del paese alle 8.Non disponendo di mezzi fuoristrada,indispensabili per percorrere la sterrata piuttosto malmessa che porta al pianoro di Casiglia,optiamo per il sentiero che si stacca dal Castello della Rocca e risale l’erta scoscesa in direzione della rupe detta “Due dita”.La via fa parte del sentiero “Italia”ben segnalato e tracciato dai soci del cai.Nelle prime ore del mattino i caldi raggi di sole investono in pieno tutta la valle rivelandone la sua selvaggia e primitiva bellezza,e mentre il gruppo procede compatto in un andirivieni di tornanti che si incuneano nell’ampia montagna ,giunge fino a noi il riecheggiare di canti religiosi provenienti dal santuario.Fa da contraltare a questo già suggestivo scenario la Montea,splendida montagna dalle creste aguzze e dal profilo alpestre.Anche la luna amica accompagna i nostri passi.
Dopo un’ora e un quarto circa raggiungiamo Casiglia,dove sorgono alcuni rifugi in legno,purtroppo in completo stato di abbandono e una fonte per far provvista d’acqua.Al bivio per Piano di Marco ove prosegue il Sentiero Italia, svoltiamo a sinistra per il sentiero che sale al Campo di Annibale,ampio pianoro circondato dalle cime della Mula,della Muletta,della Serra Scodellaro e di Cozzo Fazzati dove si pensa che Annibale si sia accampato. A primavera è possibile ammirare nei paraggi favolose fioriture di peonie “pellegrina” e “mascula,specie endemiche e rare dell’Appennino.Il nostro cammino è deliziato comunque dalla presenza di qualche agrifoglio e da una diffusa fragranza di timo.
Dopo aver aggirato il Cozzo della Civarra,abbandoniamo la sterrata e ci immettiamo sul costone a sinistra fino a sbucare su un piccolo promontorio da dove si gode una vista mozzafiato sulla valle del Rosa e sulle alpestri cime di Montea. Orientandoci a vista nel folto del bosco raggiungiamo la “Pietra dell’Angioletto”,maestosa e solitaria.Si tratta di una protuberanza rocciosa a 1265 m.che emerge dal costone sovrastante il torrente Rosa in territorio di S.Sosti Pare che il toponimo derivi da Angioletto, un giovane pastore precipitato appunto nel dirupo sottostante.Pare che i locali attribuiscono il toponimo non alla Pietra in questione ma allo strapiombo roccioso dirimpetto ad essa,chiamandolo “a tagghiata’i Gangiuliaddu”(la “tagliata di Angioletto). La zona è estremamente selvaggia e scarsamente antropizzata,come del resto accade in molte zone del Pollino.Dalle sue pareti precipiti spuntano pini loricati pensili disposti orizzontalmente ,davvero uno spettacolo più unico che raro.

martedì 18 settembre 2007

La Forra del Galatro



Il Gàlatro nasce dalle pendici sud orientali del gruppo del Monte Caramolo (Massiccio dell’Orsomarso).Dapprima si presenta come un modesto torrente dal greto quasi completamente asciutto,invaso da una fitta vegetazione di fiume,rovi e sterpaglia varia.Ciò sottolinea la scarsa antropizzazione di molte aree del Pollino;penetrare foreste di macchia mediterranea quì ,vi assicuro,può essere una vera impresa.Varie volte ne sono uscito con brutti graffi sulle gambe e sulle braccia.






















Piuttosto fastidiosa e un po’ banale la prima parte della discesa.A metà percorso la gola si incassa divenendo una stretta e profonda forra fino all’uscita, passando sotto il Ponte dei Colombi presso l’abitato di Acquaformosa.Avevo in programma la discesa del Gàlatro da diverso tempo e l’occasione è giunta.La squadra è veramente forte;d’altronde certi itinerari vanno affrontati con gente esperta e preparata:l’immancabile Massimo,compagno di mille avventure,Salvatore,Fulvia ed ‘io.I Fantastici 4.




































I miei tre compagni quel giorno pensano di andare ad una gita scolastica,arrivano tardi all’appuntamento,ci si ferma al bar del paese per fare colazione,successivamente al supermercato per comprare i panini.Insomma si arriva alla "presunta"località di partenza alle 10.30 circa.Presunta perché non sappiamo se la Fontana dei Comunisti,da dove dovrebbe staccarsi il sentiero che si getta nella gola sia proprio quella che incontriamo salendo col fuoristrada lungo la strada montana che porta alla Madonna del Monte.Le notizie che abbiamo a disposizione sono piuttosto frammentarie e forse contraddittorie.La fontana dovrebbe trovarsi subito dopo una curva a gomito sulla sterrata.La curva c’è ma la fontana no..Per essere sicuri telefoniamo ad un conoscitore della zona il quale invece di darci informazioni sul luogo sembra preoccuparsi piuttosto della nostra dotazione alpinistica. Comunque al greto del fiume ci siamo,è quello alla nostra destra.Sebbene sia già tardi,cominciamo a scendere.Dalle informazioni so che occorrono 6 ore per la discesa.Passano 2 ore,2 ore e mezza e continuiamo a districarci fra i rovi.Dei salti previsti neanche l’ombra.Fa un caldo della malora e,come se non bastasse,zanzare e tafani quel giorno sembrano avercela con me.




































Già i tafani.Vi auguro di non fare mai la loro conoscenza.Il giorno dopo,dalle numerose punture avrò gambe e braccia gonfi come palloncini,e un dolore fastidiosissimo.Decidiamo di uscire dal fiume per salire più a monte e vedere meglio la situazione.Siamo in piena campagna con il sole che picchia sulle nostre teste.Ma che ci faranno mai quattro alpinisti atrrezzati di tutto punto in campagna?Fulvia rincara la dose:siamo come quattro canoisti nel deserto in cerca dell’ acqua.Raggiungiamo una radura con dei mezzi da lavoro per tagliare legna.Ci vedrà il proprietario da lontano e ci beccheremo anche qualche fucilata?Ormai ci aspettiamo di tutto.Ma come si sa,la fortuna aiuta gli audaci.Da li scendiamo lungo una traccia di sentiero che porta ancora nel greto del torrente.Dopo alcuni metri invasi della solita vegetazione apriti cielo!!Siamo al primo salto,5 o 6 metri circa.Siamo entrati nella gola.Sono le tre del pomeriggio.Mi chiedo se ce la faremo per le nove.In questo tipo di forre una volta dentro puoi soltanto andare avanti,non è possibile fare dietro front.L’entusiasmo si impossessa di noi.Finalmente ci siamo .Armati di corde e discensori cominciamo le manovre di calata.Una dietro l’altra.Una sequenza interminabile di bellissimi salti.Constatiamo che questa gola,non solo è splendida ma anche molto tecnica.




































Giungiamo ai salti più importanti,10,15 metri di verticale su roccia calcarea liscia.Notiamo gli spit con anelli e cordini già piazzati.Di questi ultimi però non ci fidiamo troppo,si tratta di corde statiche piuttosto vecchiotte.Quando è possibile sacrifichiamo qualcuno dei nostri cordini da lasciare in loco.Sulla sicurezza non si può scherzare.Le piastrine invece sono a posto.Dove è possibile e non ci sono soste attrezzate sfruttiamo robusti alberi per fare sicura con la corda doppia.Prima di un modesto salto ci prendiamo anche il lusso di piazzare uno spit con il perforatore (ca. mezz’ora per l’operazione).Il ponte dei Colombi sembra essere vicino,si sente anche il rumore delle auto che vi transitano.Pura illusione.Siamo all’inizio della sequenza degli ultimi salti,i più spettacolari,con una verticale max. di 20 m.Uno dietro l’altro intervallati da salti minori.Per guadagnare tempo (è molto tardi), mentre due componenti si fermano a raccogliere le corde lunghe altri due si portano avanti con quelle corte sperando che non ci sia più da calare,ma questo canyon sembra non finire mai.Proverbiale imprecazione di Salvatore ad un certo punto allorchè si trova davanti l’ennesimo salto,più alto dei precedenti:”ma qui giochiamo al rialzo!!”


































Purtroppo sotto il ponte dei Colombi constatiamo che la gola è una maleodorante discarica ;si trova di tutto;camminiamo praticamente sopra uno strato compresso di spazzatura e rifiuti di ogni genere:reti da letto,mobili,una lavatrice sospesa a 40 metri sopra le nostre teste e un auto incastrata tra le vertiginose pareti .Nell’incidente due giovani tempo addietro qui persero la vita.Dimenticavo,civili abitanti del paese gettano qui non solo rifiuti ma anche,purtroppo cucciolate di cagnolini non voluti dai padroni.Ne troviamo 3 o 4 morti dopo un volo di 50 metri.Scena rivoltante,indescrivibile.Ne sono uscito nauseato.Mi sono ripromesso di non tornarci più a meno che le autorità competenti non prendano provvedimenti atti a restituire a questo splendido luogo la bellezza che merita.





Al crepuscolo ,attirato dalle carogne un gufo reale con il suo verso stridulo che riecheggia fra le pareti vola verso di noi con aria minacciosa.Si ferma sospeso in volo a pochi metri da me e Salvatore con occhi profondi ed espressione guardinga.Sembriamo prede troppo grosse per lui e così torna indietro.Splendida creatura che incute rispetto e anche un po’di timore.La sua apertura alare è davvero consona a questo re della notte.E’ già buio.Tra di noi aleggia un c certo nervosismo.La preoccupazione sarà quella di trovare l’uscita in quanto dopo le gole il letto del torrente è praticamente ostruito dai rovi.Infatti i nostri timori si concretizzano...Una coltre spessa e fitta di vegetazione ci sbarra ogni possibilità di uscita...Siamo obbligati a montare le lampade frontali.Faccio un tentativo;risalgo per qualche metro in sinistra idrografica il greto pietroso di un piccolo affluente,mi sposto verso destra e cerco di sfondare uno strato di rovi di un metro e mezzo,due, ed ecco l’uscita,finalmente!Sono le 20.00.Con un pesante bastone allargo il foro prodotto col mio corpo e segnalo agli altri la posizione con la frontale.L’incubo è finito.
Forse,come mi suggerisce Massimo,mai come ora le parole del sommo poeta tornano alla nostra memoria:“E quindi uscimmo a riveder le stelle”! Sig!!

 
Dati tecnici della gola,da: (www.micheleangileri.com/):
Nome Gola del Gàlatro
Regione Calabria, monti di Orsomarso
Centro urbano più vicino Acquaformosa
Quota ingresso alveo 940 m
Quota uscita alveo 580 m
Sviluppo 1700 m
Verticale massima 20 m
Numero totale di salti una ventina ca.
Roccia calcare
Tutti i salti importanti sono protetti con spit ,piastrine e cordini.Due di essi,sono stati sostituiti con cordini nuovi in kevlar.