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lunedì 26 aprile 2021

Monte Pollino "Sofi"

 

Pollino atto terzo. La necessità di conciliare le esigenze imposte dai decreti e le condizioni in montagna mi conducono per la terza volta durante questa stagione sul monte Pollino. In realtà i propositi erano altri. Insieme a Ludovico, conosciuto proprio sul Pollino due mesi fa, avevamo concordato una salita sul versante sud del Dolcedorme stimolati dalle ultime nevicate del mercoledì precedente anche a quote modeste. Ma si è trattato di un fuoco di paglia perché già l’indomani il caldo sole primaverile aveva bruciato quasi tutto, lasciando però sopravvivere alcune lingue di neve.






Una valida alternativa sarebbe stata una delle vie sul contrafforte sud ovest del Pollino meno baciato dal sole, ma un vocale ricevuto dall’amico Mimmo che il giorno precedente si era recato sulla parete nord ci ha fatto cambiare idea. Da quella parte infatti sussistevano ancora condizioni di ghiaccio a dir poco eccezionali. Onestamente a sud avremmo fatto una ravanata nella pappa e anche a sud ovest le sofferte e poco esaltanti condizioni della neve non ci avrebbero soddisfatto granché. Quale ghiotta occasione andare dunque a recuperare la via alla quale avevo rinunciato a fine febbraio sulla nord del Pollino.






In solitaria e diretto sulla via dei Lupi mi ero affacciato sulla prima lunghezza di “Sofi”. Trovando ghiaccio marmoreo, quasi impenetrabile dovetti a ragione rinunciare. Rimasi non poco impressionato da quelle incredibili condizioni da cascata di ghiaccio. Adesso con il compagno e l’attrezzatura la musica sarebbe cambiata.






Per fare chiarezza Sofi è una via alpinistica aperta dal sopracitato Mimmo nel 2013 nel versante nord del Pollino sul settore della Grande Frana. Guardando l’avancorpo roccioso centrale del costone di sinistra della Frana, risalgono due linee ben distinte, Agata che ha l’aspetto di una goulotte incassata e dritta, e Sofi simile a un ampio canale, costituito da una prima e una seconda rampa e una successiva che piega decisamente a sinistra terminando sul crinale sud est. Le inclinazioni si aggirano intorno ai 60° sostenuti con punte a 70°.






La giornata è semplicemente perfetta ma anche calda. Ce ne rendiamo conto alla base della Grande Frana. Con il sole che picchia forte questo enorme nevaio diventa una sorta di specchio gigantesco che genera un riverbero potente e abbagliante.






Giungiamo finalmente sotto il caratteristico roccione isolato sormontato dal pino loricato secco a quota 2000. La via originale passerebbe a destra ma noi per comodità e procedendo con la stessa inclinazione aggiriamo da sinistra, laddove passa anche la traccia della via dei Lupi. Impugnate le piccozze partiamo inizialmente slegati muovendoci con pendenze di 50° su neve discretamente portante fino a guadagnare una comodissima nicchia dove attrezziamo la prima sosta. Siamo proprio allo spigolo inferiore che divide le due vie, Agata a sinistra e Sofi davanti a noi.






Allestiamo la sosta a mezzo friend prolungando con due fettucce da 120 cm e un nut con fettuccia da 60 e subito ingaggiamo la prima rampa. Parte Ludovico mentre io faccio sicura; questa volta vado da secondo (ogni tanto ci vuole). Il ghiaccio è stellare e i ramponi devono picchiare forte per fare entrare solo le punte anteriori. Il compagno avanza in linea retta per 50 metri proteggendo con due grappette o ramponcini da ghiaccio. Nell’operazione gli sfugge una vite da ghiaccio che cadendo e rotolando dall'alto fortunatamente si arresta a sei, sette metri di fianco a me. Quando parto io farò solo un breve traverso per recuperarla.






Durante la progressione le picche hanno una presa tale che riusciamo ad estrarle a fatica. Sono incredibili le proprietà “collanti” del ghiaccio sulla roccia in certe condizioni. Nonostante le temperature siano relativamente alte, queste due vie, Agata e Sofi restano quasi perennemente in ombra trasformandosi anche in primavera avanzata in due piccole calotte ghiacciate.La seconda sosta un po’ scomoda viene attrezzata su uno spuntone tramite un anello di cordino e un chiodo da roccia. Nella seconda lunghezza di 50 metri impegneremo l’estetica rampa che sbuca direttamente in cresta con un’inclinazione che tocca i 70°. La terza ed ultima sosta infine verrà effettuata su un comodissimo blocco al di fuori delle difficoltà.



Per la prima volta insieme a un nuovo compagno di cordata, incameriamo anche questa via, breve ma intensa, ammaliati dallo scenario mozzafiato che ci offre il versante nord del Pollino, di una bellezza disarmante, mentre i nostri cari e vecchi pini loricati ci accompagnano durante l’ascensione. In vetta, dopo aver risposto l’attrezzatura negli zaini e consumato il nostro panino sopraggiungono anche due escursionisti appartenenti alla mia sezione CAI che però non conosco. Dopo due chiacchiere ci avviamo per la discesa verso il Valangone, esposto nel pomeriggio in pieno sole e con la neve ammollata.


 



Durante il ritorno tantissima neve trovata all’andata si è ormai sciolta, i sentieri innevati sono diventati fangosi e i primi crochi fanno la loro comparsa sui verdi pianori. Sarà l’ultima invernale del 2021? Vedremo, anche se pare che la primavera non voglia ancora arrivare.