Descrivendo
la morfologia dell’entroterra calabrese dell’Alto Tirreno cosentino all’altezza
di Belvedere Marittimo, l’ufficiale francese Duret de Tavel in una lettera del
31 agosto 1810 e in una successiva del 1 settembre avrebbe detto:”Proseguimmo
attraverso delle alte montagne coperte di fitte foreste e solcate da profonde
vallate…Questa parte della Calabria è una vasta landa abbandonata agli uccelli
predatori,ai lupi e ai cinghiali e attraversata da sentieri coperti da un
fogliame che non permette ai raggi del sole di penetrarvi…….Attraversammo delle
montagne terribili,valli profonde dove,ad ogni passo,c’era da temere
un’imboscata…E’ difficile imbattersi in un villaggio come questo,situato in una
posizione orribile e nello stesso tempo straordinaria…alte montagne che si
levano a picco come muraglie,sembra di essere nel fondo di un pozzo.” Sullo
stesso tono il geologo Emilio Cortese nel 1883 scrisse:”…certamente tutti i
valloni sono profondi ed orridi…e tutta la regione ha un aspetto alpestre
caratteristico”.
Anche se dal
punto di vista faunistico queste regioni hanno perso il carattere selvaggio di
un tempo,vi assicuro che penetrando all’interno di questi profondi valloni
l’impressione è identica a quella dei personaggi menzionati, in particolar modo
quando si cerca di raggiungere la Montea,questa spettacolare montagna dal
profilo alpestre,dal fascino straordinario che immerge l’escursionista in un
ambiente incontaminato di creste,pareti strapiombanti,guglie e pinnacoli di
ogni forma e panorami mozzafiato. E’ senza alcun dubbio la regina dei monti
d’Orsomarso,la cui cresta è la più estetica del Pollino e forse una delle più
spettacolari di tutto l’Appennino meridionale.
Finalmente
giunge il giorno della risalita lungo il Canalone Nord-Ovest,via alpinistica
che qualche giorno fa è stata teatro di una operazione di soccorso ad un
alpinista rimasto bloccato nel mezzo di uno dei numerosi canalini sotto la
vetta. La cordata è formata da me,da Mimmo che oggi sembra essere
super-euforico,incontenibile;dal taciturno Dimitri,giunto dalla Val di Susa e i
campani Rocco e Luigi Ferranti autore di una pregiata guida alpinistica dal
titolo:”Appennino Meridionale”.
L’accesso
alla valle del Corvino è da Buonvicino,antico borgo arroccato su uno sperone
roccioso,patria dell’egumeno Ciriaco,scelto come luogo di meditazione e
preghiera.Con le auto,percorrendo il fondovalle del torrente Corvino e
superando “Lo Stretto”, raggiungiamo un bel pianoro dove giacciono i ruderi di
un antico villaggio detto Serrapodolo a 585 m. di quota,che insieme a Tripidone
costituiscono i resti di antichi insediamenti greci. L’area è alquanto
suggestiva e lo diventa ancor di più allorchè dalla destra del villaggio
iniziamo a risalire l’alveo completamente secco del Torrente Serrapodolo(il suo
toponimo significa fiume secco) e alla vista delle creste innevate di Montea e Monte Petricelle
che emergono dalle ondulate foreste. Risaliamo l’alveo ingombro di sabbia e
massi d’ogni dimensione fino alla biforcazione tra il Vallone della Melara che
prosegue fino al Passo omonimo posto tra Montea e Petricelle e il Vallone
Commaroso, un ripido e boscoso pendio che conduce all’attacco del nostro
canalone. Alla biforcazione sono presenti ancora i resti della vecchia teleferica
per l’esbosco del legname.
Il caldo si
fa sentire e,scorgere finalmente la neve nel canale ci reca non poco sollievo.
Indossata la “ferraglia” cominciamo a risalire il largo canalone investito
nella parte iniziale da una poderosa slavina. Sembra di procedere tra
giganteschi fiocchi di neve congelati. Terminato questo primo passaggio i
contorni del canale assumono un aspetto più regolare come uno stradone
ghiacciato che serpeggia sinuoso verso l’alto. Il manto nevoso è molto
duro,bello da mordere con i ramponi ma il mio lecito timore è che possa
scaricare pietre come nel canalone del Pellegrino l’anno scorso. In realtà ogni
tanto qualche sasso arriva dall’alto,ma niente in confronto alla brutta
esperienza passata in quella occasione. Raggiungiamo finalmente la base delle
pareti sommitali. E’ un fiabesco mondo di rocce e pini loricati abbarbicati su
creste variegate , pinnacoli multiformi e un ventaglio di canalini in ogni
dove.
L’occhio
però salta subito su un evidente canale ripido ed incassato tra due pareti
rocciose che porta dritto al termine del crinale di vetta. Lo affrontiamo con
attenzione anche perché alterna tratti di vetrato a neve crostosa e più
morbida. Dopo un ultimo concitato sforzo a colpi di piccozze e ramponi
sbuchiamo sul crinale immersi nel biancore della neve e del blu cobalto del
cielo. Pochi metri ancora e siamo in vetta dopo aver colmato 1240 m. di
dislivello. E’ davvero splendida oggi la Montea,sontuosa come una sposa. Ne
osserviamo estasiati l’acutissimo crinale che si snoda per alcuni chilometri in
un fantastico susseguirsi di guglie,pinnacoli e pareti verticali festonate di
pini loricati .
Il
panorama,da qui non ha eguali e spazia in tutte le direzioni:la costa tirrenica
ad Ovest,Sud-Ovest dove lo Stromboli emerge con il suo inconfondibile profilo
di cono perfetto e più giù l’Etna innevato svettante al di sopra dello strato
di foschia. Di fronte a noi fa da contraltare il gruppo del Petricelle-La
Caccia e le aguzze cime del Cannittello,Faghittello e Frattina, bastionate
imponenti , aderte e strapiombanti che si tuffano precipitosamente a valle. A
Nord il gruppo de La Mula,Montalto,Cozzo Fazzati e Serra Scodellaro dalle forme
più morbide e arrotondate,ma anch’esso precipite a sud verso la Valle del Rosa.
Dietro occhieggia lontanissimo il Dolcedorme e la Cresta dell’Infinito fino al
Sellaro e il Mar Ionio. Oggi non potevamo davvero chiedere di più a questa
splendida montagna che ancora una volta non si è smentita e ha saputo regalarci
grandi emozioni e impresso nel nostro cuore e nella nostra mente immagini
uniche e incredibili quali solo questo affascinante e selvaggio massiccio sa
dare.
Rivolgo un
accorato invito a coloro che vengono in Calabria nelle località balneari
dell’alto Tirreno Cosentino di non fermarsi soltanto sulla costa ma di
addentrarsi anche nell’entroterra percorrendone le valli che si spingono fin
sotto i monti. Scopriranno un mondo completamente diverso,una natura così
selvaggia e affascinante da lasciare senza fiato. Forse si sentiranno un po’
come Duret de Tavel ed Emilio Cortese
130 anni fa. Provare per credere.