Archiviata definitivamente la stagione
invernale ritorno per monti dopo oltre un mese di stop, bloccato da uno
snervante lockdown meteorologico che ha messo a dura prova la mia sanità
mentale. Vorrei poter dimenticare questo terribile mese di maggio, ma non si
può. Dolore e sgomento per Denise, la cui giovane vita viene spezzata durante
una battuta di rafting nel fiume Lao lo scorso 30 maggio inserita nel contesto
di una gita scolastica. Anche se le circostanze e le dinamiche sono diverse, l'evento
richiama inevitabilmente alla mente il tragico ricordo del Raganello del 2018, ma
quello fu tutt’altra cosa.
In realtà anche giugno non comincia con i
giusti auspici per via dei fenomeni temporaleschi talvolta improvvisi e
violenti che scoppiano quasi ogni pomeriggio nelle zone di montagna e che si
esauriscono in tarda serata. Per aggirare l'ostacolo provo ad organizzare con
il socio una notturna per immortalare l'alba e rientrare in tarda mattinata, prima
che l'ira di Zeus si scateni per l'ennesima volta e ci sorprenda nelle ore
centrali del giorno.
Stabiliamo di uscire tra il due e il tre
giugno obiettivo una montagna dell'Orsomarso mai salita prima. Qualche ora
prima però mi ritrovo da solo causa rinuncia forzata del compagno e piani
saltati. Visto che ormai lo zaino è bello che pronto decido di andare
ugualmente in solitaria la mattina del 3 giugno zona Pollino per una
esplorativa messa in cantiere da qualche tempo. Il meteo dice temporali da
mezzogiorno e quindi è d’obbligo essere veloce.
Partenza da Colle dell'Impiso alle 7.30
direzione Gaudolino. I sentieri sono estremamente fangosi e l'erba ancora verde
per le continue piogge ma nonostante tutto in poco più di un’ora raggiungo il
soleggiato pianoro, tappezzato da un'incantevole fioritura di gialli ranuncoli
montani. Lo attraverso per imboccare il sentiero della Tagliata che aggirando il
fianco occidentale di Monte Pollino incrocia prima il sentiero del Patriarca e
raggiunge poi il Pollinello.
Al belvedere di quota 1760 allorché si
incontrano i primi loricati abbandono il sentiero e prendo a salire in libera
la cresta sud ovest seguendone il filo. Si tratta di un percorso inusuale, al
di fuori dei soliti circuiti escursionistici che si identifica con la parte
bassa della cresta sudovest e che in alto a quota 2000 si collega con la cresta
alta e si innesta con la via normale o sentiero del Pollino. Nel frattempo è
meglio che mi dia una mossa perché cominciano a comparire le prime nuvole
dall'aspetto poco rassicurante.
Il luogo è decisamente selvaggio, per gli amanti della wilderness più autentica, oltre che di grande interesse naturalistico e paesaggistico. Costeggiando dirupi e pareti rocciose si incontrano numerosissimi pini loricati per la maggior parte secchi, alcuni monumentali e slanciati, altri abbattuti, prostrati e contorti, bersagliati dai fulmini che in questo versante vengono evidentemente attirati con facilità. In alcuni tratti bisogna mettere le mani sulla roccia nel superare passaggi di primo grado, altrimenti evitabili tenendosi un po' all'interno.
Il panorama mozzafiato guarda la
dirimpettaia Serra del Prete e il vallone del Colloreto fino al borgo di Morano
Calabro sovrastato dall'autostrada. Versante sud si scorge il patriarca del
Pollino che emerge dalla faggeta con la sua chioma ampia e piatta e altri
loricati che svettano sulla Serra del Pollinello che comincia ad essere avvolta
dalle nubi.
A questo punto vorrei salire verso la cima
ma non appena giungo nei pressi della grande dolina il Pollino diventa
improvvisamente nero e comincia a piovere copiosamente. Lungo il sentiero e in
cima ci sono diversi escursionisti che farebbero bene a battere i tacchi perché
non appena imbocco il sentiero in discesa all'altezza dei loricati un primo
secco boato squarcia la quiete di questo luogo e si scatena un improvviso e
violento nubifragio seguito da altre saette che trasforma velocemente i
sentieri in ruscelli.
Dispiace per un gruppo di escursionisti abruzzesi
appena incontrati giunti per la prima volta sul Pollino, costretti a malincuore
ad abbandonare l'idea della cima. La pioggia è così battente da impedirmi di
usare addirittura il cellulare, riposto nello zaino per non rovinarlo, e sarà
così fino a Colle Impiso dove arrivo fradicio fino alle mutande. Meno male che
alle prime gocce per sicurezza ho inviato a casa un SMS per avvisare del mio
rientro. Penso nel frattempo a quelli che sono nei pressi della cima, colti
improvvisamente dal temporale, giunto con due ore di anticipo rispetto alle
previsioni, augurandomi che non accada nulla di spiacevole. A parte in un'altra
occasione su Montea molti anni fa, credo di non aver mai preso tanta acqua in
vita mia. Questa volta Zeus con la complicità di Apollo mi ha letteralmente
rimandato a casa a calci nel sedere. Almeno sono riuscito a portare a termine
questa esplorativa, che tutto sommato avevo programmato. Il resto era già noto.
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