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martedì 24 ottobre 2023

Canyoning nel torrente Piminoro (Aspromonte)

















Per il quarto e ultimo appuntamento acquatico della stagione, giovedì 18 agosto mi reco per la prima volta in Aspromonte. La mia meta è il torrente Piminoro,dai locali chiamato "U Schicciu da'Cataratta", che scorre nell'estremo lembo nordoccidentale del versante tirrenico del parco. Se è vero che ogni parco nazionale ha le sue peculiarità, devo dire che il parco d'Aspromonte è il regno incontrastato delle forre e delle cascate.



Infatti dal suo epicentro, il Montalto, si dipanano creste e valloni ricchi di acqua e di torrenti che appoggiandosi su un manto di granito e defluendo verso il mare hanno creato una lunga serie di cascate, pozze, scivoli, fenditure, e canyon che si insinuano nel cuore di questa montagna impervia e selvaggia. Così grazie al canyoning è possibile adesso accedere a posti dove finora era concesso solamente all’acqua.

















L' Aspromonte conta almeno cinquecento cascate e tra di esse spiccano quelle di Maesano e Marmarico che con una serie incredibile di salti e un'altezza totale di 114 m. è la più alta dell'appennino meridionale.La prima esplorazione del Piminoro risale al 24 dicembre 2015 da parte di Trovato, D’Arrigo, Milella, Calabrò, Gioffrè e Dahiri. Si tratta di una forra che nonostante la vicinanza all’abitato di Piminoro, frazione di Oppido Mamertina, appena 700 anime, appare ancora integra, e nella morfologia ti proietta indietro nel tempo fino al Giurassico.



Sarà proprio Demi d'Arrigo a guidare un folto gruppo di intrepidi che con corde e discensori affronteranno una sequenza di salti impegnativi e divertenti fino a culminare con l'ultima adrenalinica cascata di ben 42 metri. Indossate le mute per metà partiamo quindi dall'abitato attraverso un sentiero in forte discesa all'interno del bosco. In alcuni tratti esso è esposto ma protetto con uno spezzone di corda. In circa quaranta minuti giungiamo nel fondo del vallone tappezzato di felci e subito dopo all'interno della forra che appare oscura e suggestiva.

















La prima cascata che incontriamo è di pochi metri, didattica che ben prepara alle difficoltà successive. Si cammina per pochi metri prima di incontrare poi un piccolo divertente tuffo. Sulle rocce di granito dell'alveo di tanto in tanto appaiono chiazze di un rosso intenso che pare sangue, riconducibili alla presenza di "alga Hildenbrandia" appartenente alle Rodofite, poste sui torrenti in aree collinari e montane caratterizzati da forte ombreggiatura e indicatrice di acque con poco carico organico.



La pozza è prospicente ad un successivo salto di dieci metri, e subito dopo, proseguendo appare un’altra cascata poco più bassa che ci deposita in un'ampia pozza. L'ambiente intorno è primordiale e grandioso e in questo tratto le pareti sono ricoperte da uno strato di licheni e muschi acquatici di colore verde.



Un altro piccolo tuffo ci proietta direttamente alla verticale finale, la poderosa cascata stimata di 42 metri. A questo punto l'espressione fin’ora tranquilla dei torrentisti, soprattutto coloro che si stanno cimentando per la prima volta in questa disciplina muta d'improvviso in apprensione e un po' di inquietudine. Il salto è da brividi ma Demi, mentre allestisce la sosta, in tono rassicurante dice di affrontare la calata lentamente, con calma e con approccio meditativo in modo da godersela tutta non cercando di evitare l'acqua mentre ti "schiaffeggia". Ha ragione perché il torrentismo dev'essere vissuto nella sua totalità. Dopo che tutti sono scesi in autonomia Demi chiude la sequenza calandosi velocemente in doppia.



Il sito della maestosa cascata incastonata in un ambiente assolutamente intatto e selvaggio è raggiungibile anche attraverso il sentiero di servizio proveniente dal paese. È meta di visitatori e turisti che non risparmiano foto e bagni estivi nella larga pozza sottostante, con o senza attrezzatura.




















Così dopo la rituale foto di gruppo al cospetto della grande cascata e un sobrio pranzetto si fa ritorno lungo il suddetto sentiero che ci riporterà faticosamente a Piminoro in dura salita e in un caldo opprimente cercando di ripararci dov'è possibile sotto l'ombra di alberi e arbusti.



Aperta la stagione acquatica con la discesa in canyoning del torrente Bitonto in Basilicata chiudo con questo spettacolo della natura qui'in Aspromonte. Il proposito adesso è quello di ritornarci il prossimo anno andando a scoprire altri gioielli di questa terra incredibile.




 








lunedì 9 ottobre 2023

Un giorno a Maratea 2 parte La ferrata del Redentore al tramonto

Concluso il tour delle grotte in kayak lasciamo cala Jannita per la lunga scalinata che dà accesso alla spiaggia nera e raggiungiamo l'auto parcheggiata in una piazzola lungo contrada Grotte. All'arrivo rimango letteralmente di sasso perché uno strano furgoncino giallo targato CZ che non è Catanzaro ma Repubblica Ceca mi ostruisce completamente l'uscita. L'imbecille proprietario ha pensato bene di andarsi a divertire in spiaggia alla faccia mia probabilmente per tutto il giorno o oltre visto che siamo alla vigilia di Ferragosto. Neanche la "bontà" di lasciare un numero di telefono. Infine grazie alla coppia proprietaria del suv parcheggiato davanti il furgone sopraggiunta in quel momento riesco ad uscire con una difficile manovra e col rischio di danneggiare il fondo dell'auto.





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo questo contrattempo che avrebbe potuto compromettere l'uscita pomeridiana e non solo, raggiungiamo il centralissimo corso Garibaldi di Maratea per rifocillarci in uno dei numerosi ristoranti presenti. Venticinque euro per due panini con cotoletta e due birre che mi riportano alla mente un Saint Moritz di qualche anno fa. Terminato il pranzetto rimontiamo in auto per avviarci verso l'attacco della ferrata del Redentore che raggiungiamo alle 17.30. Se non ho fatto male i calcoli dovremmo giungere sopra proprio al tramonto. Infatti i temi di questa uscita sono la prima volta di mia figlia su una ferrata e il tramonto in vetta.





 

 

 

 

 

 

 

Imbrago, kit da ferrata e cominciamo la progressione sul cavo metallico in un caldo opprimente con il sole che da ovest picchia in faccia con inaudita violenza. La ferrata, immersa in una stupenda e variegata macchia mediterranea alterna tratti verticali ad altri più appoggiati in un contesto paesaggistico davvero incredibile, dominando per intero il golfo di Policastro con il borgo di Maratea ai nostri piedi e i monti Crivo e Coccovello alle spalle e di fronte. È bello vedere come la ragazza si trovi a proprio agio su questo terreno come una veterana, soprattutto quando attraversa i due ponti tibetani sportivi e lo strapiombo finale con estrema disinvoltura. Giunti appena sotto il Redentore, con tempismo perfetto cogliamo rapiti il sole che all'orizzonte cala lentamente dietro la scura sagoma di monte Bulgheria che s'innalza su di una distesa d'argento creando un’atmosfera surreale.






 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La terrazza su monte San Biagio come sempre è gremita di gente e mentre scendo ancora imbracato verso il santuario, una simpatica turista mi blocca al volo chiedendomi un selfie. Davvero maestoso e mozzafiato il panorama che si apre da questo sperone che si innalza per 650 m d'altezza sul livello del mare anche verso sud che guarda alla costa dell'alto Tirreno cosentino e le vette dei monti d'Orsomarso. Qui sorge la basilica di San Biagio, patrono di Maratea, che tra le 44 chiese certamente è la più importante. Dico sempre che se vuoi visitare punti panoramici e strategici devi cercare luoghi religiosi.





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Impressionante poi l'immensa statua del Redentore, emblema e simbolo di questa terra, alta ben 21 metri. Voluta dal conte Stefano Rivetti è stata realizzata e scalpellata nel 1965 dall'artista fiorentino Bruno Innocenti. Stranamente la statua volge le spalle al mare, e questo dice qualcosa di molto profondo sui lucani. Essi infatti non sentono il mare in maniera viscerale come altri popoli di mare; in effetti la Lucania detiene in totale soltanto 32 km di costa, e quindi rimangono di terra anche quando sono vicini al mare. Pertanto l'accoglienza a Maratea avviene per chi viene dall'entroterra e non per chi viene dal mare. Al ritorno lampade frontali accese percorriamo con pazienza i numerosi tornanti di asfalto fino ad imboccare più in basso il sentiero di San Biagio che ci riporterà all'auto chiudendo questi fantastico anello. Dopo una giornata piena e intensa lasciamo a malincuore la perla del Tirreno, Dea Maris piuttosto stanchi ma ampiamente soddisfatti.