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lunedì 12 maggio 2008

Viaggio nel Cilento:Monti Alburni,vetta Panormo


I Monti Alburni sono un massiccio carsico ricco di doline, grotte, cavità, inghiottitoi che si trovano tra la valle del Sele e del Tanagro ;fanno parte dell' Appennino Campano nel Parco Nazionale del Cilento,il secondo in Italia per estensione dopo il Pollino. Per la loro morfologia, sopratutto dal lato occidentale sono conosciuti come le Dolomiti campane.
Il nome deriva dal termine latino "albus " che indica il candore delle sue pareti calcaree e presenta caratteristiche morfologiche e geologiche piuttosto particolari. Lo studioso Gianpiero Indelli paragona questo massiccio a una erosa mandibola dalle verdi gengive in cui sono piantati molari candidi e massicci, fra i quali il monte Panormo (1742 m.),monte La Nuda (1704 m.),monte Spina dell'Ausino (1445 mm.),monte Maria (1303 mm.),e monte Figliuolo (1337 m.).Non mancano i fenomeni carsici, gole, inghiottitoi, sorgenti e naturalmente numerose grotte fra le quali quelle famosissime di Castelcivita e la grotta di San Michele Arcangelo presso Sant'Angelo a Fasanella

La flora riscontrabile su questa catena montuosa è davvero notevole. A quote più elevate predomina l'ontano, il carpino, il tiglio, il cerro ma soprattutto il faggio che crea un ampio sottobosco di fragoline e di funghi. Tra le specie floreali figurano le orchidee selvatiche, il garofanino di montagna, crocus e tante varietà composite. In questa splendida cornice di grande interesse naturalistico sorgono vari comuni di notevole interesse storico.La vetta maggiore del complesso è il Monte Panormo che raggiunge i 1742 m. nei pressi si Sicignano e Petina. Noto anche per le ampie vedute che offre dalle sue pendici,è stato menzionato da Virgilio nelle sue Georgiche (III, 146).Dalla gente del luogo i suoi monti venivano creduti Titani provenienti dall'antistante Mar Tirreno per sfuggire all'ira di Nettuno .Base di partenza per 18 appartenenti al CAI Castrovillari più due del luogo è il caratteristico borgo di Petina.
Dal paese seguiamo la strada asfaltata che si inerpica sui fianchi montuosi fino ad una curva dove a destra si stacca una sterrata indicata da numerosi cartelli.Dal bivio la strada percorre con una serie di saliscendi il vallone boscoso.Dopo un tratto con il fondo in cemento giungiamo a una selletta tra la Ripa Lunga e la Ripa Alata, ai piedi delle Torri di Petina. Risaliamo la prima per un sentierino che inizia dalla selletta e supera un filo spinato: dalla cima si gode un perfetto colpo d’occhio sull’elegante vetta del Figliolo (1337m.). 
Numerose formazioni di asfodeli tappezzano le praterie sui roccioni.Tornati sulla sterrata raggiungiamo il pianoro in località Ferrari dove emergono singolari formazioni rocciose a franapoggio. Avventurandoci in un dedalo di bivi nella sterrata a tratti malmessa e osservando curiosi una infinità di segnali ora azzurri,ora verdi ora rossi che creano non poca confusione raggiungiamo l’ ennesimo bivio, nei pressi del poco visibile Pozzo Pedata della Lepre. Proseguiamo sulla sterrata che traversa un altro pianoro erboso e sale poi ripida nel bosco fino a giungere alla copiosa Fonte del Lauro Fuso famosa per tre faggi gemelli spettacolari,che la strada lascia sulla sinistra. Qui lasciamo i nostri fuoristrada e proseguiamo a piedi verso la fangosa Fonte dei Cavalieri ove la pista finisce.Durante la marcia non faticosa immersi in un tappeto di fiori variopinti attraversiamo una distesa piantagione di aglio selvatico dalle foglie di un verde intenso,e intenso sarà anche a tratti l’aroma da esse sprigionato. Un sentiero sale in breve al Varco dei Cavalieri (1490 m.) dove ci si affaccia sulla impressionante parete Est del Braccio dell’Alburno.In salita raggiungiamo un secondo balcone naturale sulla parete del Braccio.Impressionante da qui il paretone di vetta del Panormo. 

Dopo una traversata a destra il percorso sale in un ripido canalone boscoso e poi traversa ancora a destra fino a dei pendii sassosi non lontani dalla vetta del Braccio. L’ultimo tratto è per la larga cresta di rocce ed erba percorsa da incerte tracce di sentiero. Dopo un passaggio piuttosto aereo (impressionante il canalone che si inabissa sul versante di Petina) si raggiungono l’anticima e la vetta (1742 m.)Per il ritorno ripercorriamo il percorso d’andata.Non molto diverso morfologicamente dal nostro Pollino,il massiccio degli Alburni merita senz’altro di essere visitato per le sue caratteristiche uniche e i grandiosi panorami che esso offre in tutte le direzioni.Colpisce pure l’occhio del viandante che transita lungo l’A3 il quale può ammirare per intero la spettacolare bastionata di candide guglie per tutta la sua notevole lunghezza.






5 commenti:

edva ha detto...

I Monti Alburni...
dalla descrizione che ne fai e dalle bellissime foto,direi che sono davvero strane,ma belle!!!

Anche le piante sono diverse dal solito...il prato verde di aglio selvatico è bellissimo,a parte l'odore! :))

Ciao Master,un abbraccio ...edva...**

Domenico ha detto...

Amazza che posti si direbbe a Roma. E' impressionante quante possibilità ci sono per noi alpinisti nella nostra bella Italia.
Buone avventure
Ciao Domenico

U Lupu ha detto...

Ricambio solo ora i tuoi saluti. Mi dispiace non esserci stato ma il matrimonio di due amici ha scavalcato, come importanza, tutti gli altri impegni. Un abbraccio.

Ciao Pè

ragno ha detto...

Eh si, te ne vai in giro di qua e di là, ora anche gli alburni devono sopportarti, vabbè, l'importante che torni con noi a fare qualche altra via,

Ps: Massimo sta fremendo dalla voglia....

pralina ha detto...

Che meraviglia!!!