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lunedì 15 febbraio 2021

Serra Dolcedorme crestone Est


Dispiacere e incredulità. Sono questi i sentimenti che ci portiamo dentro oggi sabato 30 gennaio durante la nostra nuova escursione per la scomparsa di Fabio Limongi 49 anni di Lauria, avvenuta il martedì precedente sul versante ovest del monte Sirino, la montagna che lo ha visto crescere. Fabio non era né sprovveduto tanto meno inesperto e questo accresce ancora di più la nostra amarezza. Membro del soccorso alpino, maestro e istruttore di sci, guida del parco e nel suo curriculum tra le altre cose un’ascensione al monte Elbrus. La settimana precedente era stato anche in prima linea nelle operazioni di soccorso di due malcapitati in un canalone di monte Alpi battendo traccia nella neve tutta la notte.




Quando accadono incidenti mortali a “casa tua”, l’evento funesto lascia veramente il segno. Non l’ho mai conosciuto di persona, ma guardando il suo sorriso nelle foto e nei video presenti in rete, trasmetteva allegria e gioia di vivere, generosità e sincerità. Traspirava grande passione per la montagna, proprio quella montagna che dopo avergli dato tanto lo ha portato via in un attimo.





Io non credo nel destino o nel fato perché questi sono concetti spiccioli e pretestuosi che abbiamo assimilato dagli antichi greci e dalla mitologia nordica che tiriamo fuori giusto per liquidare velocemente la pratica. Spesso gli incidenti in montagna sono frutto di palese incompetenza e superficialità, ma a volte purtroppo hanno un notevole grado di imponderabilità, determinati da un nonnulla, da piccole sottigliezze, scelte istintive e attimi che il nostro essere imperfetto non riesce a captare. Ma una causa prima c’è sempre.





In quest’ultimo periodo stiamo assistendo a molti drammi della montagna, dal K2 ai nostri Appennini passando per le Alpi. Induce alla riflessione un commento su “MontagnaTV” relativo ai quattro sfortunati di Avezzano sepolti ancora sotto le nevi del Velino: ”L’incidente in Val Majelama come tanti altri,insegna che la montagna dev’essere affrontata nei tempi e nei modi giusti, con più attenzione e conoscenza di quanto molti di noi fanno spesso. A farci rischiare, spesso, è la scarsa disponibilità ad aspettare i tempi che ci impone la montagna”.





Questo ci deve far riflettere, ridimensionare e rendere più consapevoli che di fronte alla complessità della natura siamo davvero poco, non possiamo prevedere e controllare a nostro piacimento le infinite variabili implicate, e a volte dobbiamo saper rinunciare e aspettare. E dev’essere chiaro che non basta guardare qualche video su You Tube o essere in possesso di tanta attrezzatura alpinistica per definirci “esperti”.





In programma abbiamo Serra Dolcedorme per la Direttissima ma la sciroccata e le piogge del giorno precedente hanno praticamente “bruciato” le vie a sud. Dopo aver valutato bene le condizioni decidiamo per un percorso nel versante nord. Così da Castrovillari dove nel frattempo ci ha accolto una luna d’argento, ci trasferiamo in località Colle Marcione di Civita dove attendiamo altri due compagni, Stefano con cui ho condiviso l’ultima splendida ascensione su Cozzo del Pellegrino e una newentry, Pierpaolo.





Per questo cambio di programma ci avviamo un po’tardi dalla località Acquasalata direzione bosco Fagosa. Le condizioni nei versanti a nord sono discrete, l’unica preoccupazione potrebbe essere il vento che il giorno precedente è arrivato a soffiare con raffiche fino a 90 chilometri l’ora. La nostra meta sarà sempre il Dolcedorme che risaliremo però lungo l’aereo e maestoso crestone Est.





Raggiungiamo dapprima la suggestiva radura della sorgente del Vascello dalla quale sgorga un’acqua copiosa e freschissima. Successivamente dopo una bella e ripida ravanata nel bosco usciamo all’omonimo passo a quota 1963 m. posto tra la Manfriana Occidentale e la Timpa del Pino di Michele. Alcuni maestosi pini loricati ci danno il benvenuto introducendoci in un “altro mondo”.





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da questo spartiacque abbiamo un bel colpo d’occhio sulle rocce della Manfriana Occidentale, e il panorama va mano a mano aprendosi tra i vasti orizzonti della piana di Sibari e della Valle del Raganello fino al mar Jonio. Verso il Dolcedorme il vento che oggi vuol divertirsi si esibisce in un vorticoso gioco con le nubi che si rincorrono caotiche e frenetiche aprendo e richiudendo di volta in volta un irrequieto cielo tra il blu cobalto e il turchino.





Così  iniziamo la cavalcata lungo il crinale, molto lungo ma con inclinazioni mai eccessive. Raggiungiamo prima la Timpa del Pino di Michele a quota 2060, toponimo che si rifà ai tempi del brigantaggio. Qui’ infatti su un pino loricato sarebbe stato impiccato Michele, un pastore che aveva “parlato troppo” con la legge. Intanto splendidi esemplari di pino loricato abbarbicati sulle rocce davanti e sotto completano un quadro grandioso.





La nebbia continua ad offuscare la visuale senza comprometterla più di tanto ma mentre guadagniamo quota le condizioni migliorano decisamente. Sembra che il Dolcedorme infine voglia premiarci dopo una lunga e faticosa ascensione aprendoci uno scenario mozzafiato in tutte le direzioni. La parete nordest è uno spettacolare paginone ghiacciato, reso tale dal vento forte che soffia da ovest ed’ è un piacere sentire i ramponi che mordono il ghiaccio mentre lentamente raggiungiamo i 2267 m. della cima.





Giusto il tempo per qualche scatto, un video per riprendere l’arrivo dei compagni in vetta e immortalare gli incredibili panorami che dal re del meridione si possono ammirare a trecentosessanta gradi che dobbiamo cominciare a scendere. Il vento che ci sferza senza pietà, per quanto le temperature non siano sotto zero, è davvero forte e non dà tregua.Mentre scendiamo lungo questo immenso lastrone di ghiaccio che è la parete nord siamo quattro invisibili puntolini scuri. Puntiamo decisamente verso il Piano di Acquafredda, noto per la “radura degli alberi serpente”, un boschetto di spettacolari faggi estremamente contorti e attorcigliati.





Al piano abbiamo modo di immortalare anche Italus, il pino loricato e albero più antico d’Europa, che vegeta poco lontano su un costone di Serra Ciavole ormai baciata dai rossi raggi del sole al tramonto. Mentre ci avviamo lungo la “Scaletta”, la pista che collega il Piano di Acquafredda con il Piano di Fossa ecco formarsi nubi lenticolari che tradiscono la presenza di vento forte in quota. Il buio incombe e dobbiamo infine tirar fuori le frontali fino a che raggiungiamo le auto.







Davvero un’uscita tosta ma piacevole grazie all’allegra compagnia di oggi. Ringrazio Pasquale con il quale tra zone rosse e quant’altro non ci vedevamo dai tempi di Volturara irpina, da Stefano che ha accolto di nuovo il mio invito e il buon Pierpaolo che si è unito a noi per la prima volta.