“Un
vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi”.Se
non erro in un precedente racconto ho citato questo famoso aforisma di M.Proust
non trovandomi totalmente d’accordo con esso. Capita a tutti i frequentatori di
montagna ripetere gli stessi itinerari varie volte e devo ammettere che il buon
Marcel aveva ragione. A questo riguardo mi sono imbattuto nel bellissimo
racconto di una studentessa che descrive il suo viaggio di trenta giorni in
Irlanda allo scopo di migliorare il suo inglese.
Alla fine si sarebbe rivelato un’esperienza
entusiasmante,colpita dagli incontri,dalla cultura ,dal paesaggio,in particolar
modo dal cielo di quella terra. Avrebbe esclamato: “trenta
giorni per guardare il cielo di Irlanda, quel cielo che mi toglie il fiato al
solo ricordo”.Probabilmente anche la Mannoia ne aveva ben d’onde celebrandolo in una
sua famosa ballata. Anche se in Irlanda non ci sono mai stato, quando ricalco i sentieri che portano su
Monte Pollino, l’impressione che ho osservando il cielo, specialmente in
determinati momenti dell’anno, penso sia simile al più decantato “Cielo d’Irlanda”.Ho descritto
varie volte il suo colore blu cobalto,intenso,profondo,luminoso che spesso
contrasta con le nubi ovattate,con il sole radioso,formando a volte un tutt’uno con il mare
all’orizzonte,o con la neve d’inverno. Di certo è un’emozione diversa,nuova,che
ti rapisce,ti conquista..
Occhi nuovi infatti per ammirare il torrente Frido e un laghetto completamente ghiacciati nel mese di Novembre. Che dire poi dello spettacolo offerto dalla maestosa Serra del Prete che gioca a nascondino con batuffoli di ovattate nubi svettare al di sopra della dolina del Pollinello tinta di un giallo intenso,o dell’accigliato Pino “Coccodrillo”,ancora in piedi nonostante sia secco chissà da quando. E ancora,il “Candelabro”,altro loricato di suprema bellezza. Quale emozione ancora una volta ritrovarsi al cospetto dell’essere vivente più vecchio d’Italia,il monumentale Patriarca del Pollino con i suoi robusti e ciclopici rami che si protendono verso valle, con le sue ampie radici che inglobano le rocce sottostanti in un fraterno abbraccio,e le gelide acque sgorganti dalla pittoresca sorgente “Spezzavummola” .
Si aggiunga a tutto ciò
il piacere di condividere tali esperienze sempre con persone diverse come Carlos,
uno spagnolo di Valencia giunto in Calabria per lavoro. Amante della montagna, rimane
completamente affascinato da questa regione immaginandosela arida come un
“deserto”. Ed invece inizia a coglierne le sue perle di bellezza scoprendo dapprima La Sila perché più
vicina al paese in cui lavora. Bellissima anche se priva di dislivelli significativi.
Vi si reca più che altro per fare corsa. Poi si imbatte nel mio blog e,apriti
cielo,in Calabria ci sono montagne alte,dall’aspetto prealpino,con tanto di
creste affilate,boschi immensi,canaloni ghiacciati da scalare e pareti
strapiombanti dove vi si può praticate lo sci
alpino,l’alpinismo,l’escursionismo,il torrentismo e quant’altro. Con un
“masticato”italiano mi scrive una mail. L’accordo è preso e l’uscita
programmata e realizzata.
Unico piccolo rimpianto,non avergli potuto mostrare il versante sud del Dolcedorme,più aspro e selvaggio,dai forti dislivelli perché quel giorno nascosto dalle nubi. Ci ritroveremo senz’altro. Concludo con un’altra interessante citazione della studentessa menzionata prima:”ogni viaggio non solo arricchisce la mente ma le dà forma”.
1 commento:
Foto stupende, da montanaro ho assaporato a lungo i tuoi scatti. La montagna mi dico sempre è crudele scava cicatrici profonde nell'anima e che non danno pace finchè non si faritorno ad essa.
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