Dopo aver chiuso
la pratica "Brizio”, ci accingiamo a risalire la Vetta Orientale dalla
ferrata Ricci, un gradito ritorno dopo ben undici anni. La novità è che adesso
è stata rinnovata e andremo a servirci dei cavi d'acciaio nuovi di zecca. Si
parte dal rifugio Franchetti gremito di gente dove già ci aspettano Matteo e
Simona che hanno bypassato la Brizio percorrendo il sentiero che porta
direttamente alla Sella dei due Corni. La vetta Orientale con i suoi 2903 m. è
leggermente più bassa rispetto all'Occidentale ma guardando il massiccio da
nord-est risulta molto più vistosa grazie al famoso Paretone che si erge
strapiombante per 1300 m, talmente maestoso che non ha niente da invidiare alle
grandi pareti delle Alpi.



Sono però indeciso
se proseguire a causa del meteo incerto che sta caratterizzando questi giorni e
che prevede possibilità di temporali nel pomeriggio. Come dicevo nella prima
parte farsi sorprendere dai fulmini su una via ferrata non è proprio il massimo
che si possa desiderare. Guardando bene e fidandoci delle previsioni di uno dei
siti consultati pare che il tempo tenga almeno un paio d'ore. Per il momento
assistiamo soltanto a folate di nubi che si rincorrono alternandosi ad ampie
schiarite. Si parte così avviandoci lungo la traccia di sentiero che parte dal
Franchetti e a mezza costa sullo stesso livello giunge all'attacco.


Cominciamo a
salire l'evidente rampa inclinata sui dirupi settentrionali e in questo tratto
il cavo è posto in alto rispetto al punto di salita risultando utile nella
progressione. Simona riscontra invece qualche problema di grip causato dalla
roccia molto levigata dai continui passaggi degli escursionisti mentre io
avverto un po' di fatica a causa dello zaino pesante. Per chi non avesse letto la
prima parte, lo avevo caricato con attrezzatura invernale pensando di trovare
difficoltà al nevaio della Brizio, ed ora come uno sherpa mi tocca portarlo
dietro fino alla fine.

Alle nostre
spalle nel frattempo il Corno Piccolo gioca a nascondino con le nubi lasciando
intravedere in tutta la sua eleganza le linee slanciate e le guglie sommitali della
parete Sud Est. Dopo la prima rampa impegniamo una larga cengia verso sinistra
e qui il cavo si interrompe per riprendere poco dopo su una seconda rampa. In
questo secondo tratto i cavi metallici vengono fatti correre direttamente sul
piano inclinato di salita costringendoci a procedere quasi carponi se si vuole
rimanere attaccati alle assicurazioni. Volendo procedere più comodamente io
preferisco discostarmi dal cavo per andare in arrampicata direttamente sulle
roccette.



Dopo queste due belle pettate raggiungiamo una spalla dove termina per il momento anche il cavo metallico e qui ne approfittiamo per fare una pausa rigenerandoci con prugne caramellate (almeno per me e Gianluca visto che la coppietta è ancora fresca). Dal versante settentrionale ci spostiamo adesso su quello orientale, sull'orlo del Paretone che a causa della nebbia non riusciamo ad ammirare nella sua interezza. Costeggiando l'orlo del crinale guadagniamo un ripido spigolo attrezzato, probabilmente il pezzo più tecnico e divertente dell'intera salita che affrontiamo in facile arrampicata.


Il lato positivo
è che oggi siamo in pochissimi a salire sulla Orientale, noi e altri due
gruppetti che incroceremo in prossimità dalla cima. Per contro l'Occidentale è
invasa da decine e decine di salitori, sembra l'assalto a Fort Apache, e anche
il Corno Piccolo non è da meno, meta oggi di tantissimi escursionisti assiepati
sulla croce di vetta. Non riuscendo a scorgere la sommità della vetta Orientale
a causa della nebbia abbiamo la sensazione che sia abbastanza vicina ma soltanto
in apparenza, si trova ancora tanto ma tanto lontana.


Continuiamo a
seguire la corda metallica che in questo tratto va prima verso sinistra e poi
verso destra fino a guadagnare una ripida paretina da arrampicare in aderenza
oltre la quale termina la ferrata. Adesso possiamo procedere in libera lungo il
filo di cresta che ci permette degli affacci sull'impressionante strapiombo del
Paretone che intravediamo. Peccato perché lo spettacolo sarebbe stato assoluto,
in quanto la vista da quassù col bel tempo arriverebbe fino alla costa della
Croazia ma non oggi però. Comunque il percorso lungo il crinale è davvero
suggestivo se pur faticoso e finalmente incrociamo il punto in cui si stacca la
nuova ferratina sulla nostra destra che sulla via del ritorno ci adagerà
direttamente alla testata del Calderone.



Subito dopo
qualche decina di metri di salita ritroviamo anche la via normale che risulta
quasi parallela alla ferrata. Le ultime difficoltà sono ora rappresentate da
una forcellina piuttosto aerea e alcune roccette di I grado che ci condurranno
direttamente ai 2903 m. della Vetta Orientale. Dalla cima il panorama è
veramente grandioso e anche se il versante di Campo imperatore è nascosto dalle
nubi spicca difronte a noi la cima slanciata della vetta Centrale, quella fra
le tre sicuramente meno frequentata perché raggiungibile solo attraverso percorsi
alpinistici. Poco a destra domina la scena la vetta Occidentale invasa dagli
escursionisti e sotto è adagiato il bellissimo Calderone, retrocesso purtroppo
da ghiacciaio a nevaio.


Dopo le foto,i
selfie di rito e una meritata e prolungata pausa con panino incorporato iniziamo
la discesa ritornando sui nostri passi. Incrociamo in tal modo la normale e
subito dopo attacchiamo la ferrata. Il primo tratto è piuttosto elementare e il
cavo in questo punto è decisamente superfluo, mentre più in basso, nell'ultimo
tratto risulta invece indispensabile perché va a disimpegnare una paretina e un
canalino quasi strapiombante che ci impone una disarrampicata a forza di
braccia lungo un tratto breve ma abbastanza fisico. Quì terminano tutte le
difficoltà.



La breve ferrata
ci deposita sulla morena terminale del Nevaio del Calderone i cui resti si
trovano nella bellissima conca posta alla nostra sinistra. Questo per me è il
luogo più bello di tutto il Gran Sasso, un vero santuario della natura con le
pareti rocciose tutt’intorno come una poderosa muraglia e il ghiaccio del
Calderone che a questo punto della stagione arriva quasi in vetta al Corno
Occidentale creando un’atmosfera magica di grande suggestione.



Considerando che
la via normale non è per niente banale presentando passaggi di I grado e un
camino abbastanza ripido ed esposto di II° grado da affrontare con prudenza in
disarrampicata penso proprio che presto cadrà in disuso a favore di questa
nuova ferrata, anche se per affrontarla è sempre indispensabile il set da
ferrata. Non vorrei però che la brevità della stessa possa richiamare e
incoraggiare gente incauta a risalirla senza l’attrezzatura adatta. In tal caso
sarebbe da preferire la via normale.


Risaliamo
brevemente per il sentiero n.153, seguendo sempre i bolloni bianchi e rossi,
fino al passo del Cannone dove si trova la deviazione per la Vetta occidentale
del Corno Grande, massima elevazione dell’Appennino. Facendo attenzione alle
rocce levigate dai continui passaggi guadagniamo sentieri più comodi fino a
raggiungere la Sella del Brecciaio. Nel frattempo nuvoloni minacciosi si stanno
addensando sulle vette e si sente anche il fragore di qualche tuono. Lasciando
la Sella ci prende anche un po' di pioggia ma ormai siamo fuori da tutto.
Ampiamente soddisfatti di questo giro grandioso torniamo alle auto al piazzale
dell’albergo. Ringrazio di cuore Gianluca per aver accettato l’invito, anche se
per lui, vero lupo abruzzese non è più un problema ma soprattutto a Matteo e
Simona che ci hanno accompagnato per due terzi della nostra avventura.

2 commenti:
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