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venerdì 22 ottobre 2021

Cima Grande di Lavaredo Dolomiti di Sesto

Un altro piccolo grande sogno che si realizza, l’ascensione alla Cima Grande di Lavaredo, nelle Dolomiti di Sesto. Quando nel 2007 feci il Giro delle Tre Cime dal rifugio Auronzo, nel contesto di una sortita realizzata con successo a Punta Penia sulla Marmolada lungo il ghiacciaio, rimasi folgorato da quei colossi di pietra che erano le famose Tre cime di Lavaredo. Mentre le aggiravo lungo il sentiero ammirandole in tutto il loro splendore mi chiedevo chissà se un giorno ci sarei salito.




Adesso con l’ascensione alla Cima Grande penso di aver chiuso il trittico più rappresentativo delle Dolomiti. La Marmolada che è la regina delle Dolomiti, il Civetta che con la sua “Parete delle pareti” è considerata la montagna più bella del mondo e le tre cime di Lavaredo perché sono il simbolo delle Dolomiti.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritratte e fotografate migliaia di volte in tutte le salse, non hanno bisogno di presentazioni. Patrimonio naturale dell’umanità UNESCO dal 2007 sono a pieno titolo il simbolo indiscusso di tutte le Dolomiti e rappresentative per antonomasia, soprattutto la vista “da cartolina” del versante nord che ne esalta l’eleganza e la verticalità. Forse le montagne più famose ed ammirare al mondo. La Cima Grande fu scalata per la prima volta il 21 agosto 1859 dal viennese Paul Grohmann, Franz Innerkofler e Peter Salcher che disegnarono la “Via normale alla cima Grande”, via alpinistica lunga e impegnativa con difficoltà di IV grado. Adesso rientra nel Parco Naturale delle Tre Cime.




Dopo alcuni rinvii causa meteo avverso arriva il giorno propizio, sabato 25 settembre. La settimana precedente un’ondata di intenso maltempo ha portato anche la neve e ora si teme, visto le basse temperature previste di trovare ghiaccio o addirittura verglas nei canali. Per sicurezza nei bagagli (viaggerò con mezzi pubblici) porterò gli scarponi invernali insieme ai ramponi e la piccozza.Giungo in treno a Belluno in mattinata e dopo essermi sistemato in un alberghetto trascorro un placido pomeriggio a visitare il centro storico della accogliente cittadina, la porta delle Dolomiti e unica provincia in Italia a ricadere in un parco nazionale.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il mattino seguente giunge di gran carriera Emanuele che oggi sarà la mia guida, romano trapiantato a Belluno e grande conoscitore del comprensorio e non solo. Partiamo che è ancora buio alla volta del rifugio Auronzo. Il cielo è coperto da una grigia nuvolaglia ma sappiamo dalle previsioni che la giornata sarà buona. Ed infatti superato il lago di Misurina apriti cielo, ma letteralmente. 




Si rasserena tutto e d’un tratto compaiono all'orizzonte le maestose Cime di Lavaredo che svettano come due piramidi gemelle e sembrano chiamarci. Gli ultimi chilometri sono a pedaggio, ben 30 euro per proseguire verso il Rifugio Auronzo che raggiungiamo a breve. Trovato parcheggio notiamo che c'è molta gente per essere fine settembre ma si sa, la sindrome del dopo lockdown ha colpito anche le Alpi.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dando un’occhiata alla Cima Grande constatiamo che le vie sono completamente libere e le temperature gradevoli. Lasciamo pertanto ramponi e picca ma mi tocca fare la scalata con gli scarponi rigidi purtroppo, i miei Gronell Anapurna, testati per i 6000 m, che per una via di roccia “unta” e passaggi di IV molto levigati all'uso non sono proprio il massimo. Dovrò stare molto attento per evitare qualche brutto scivolone. 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci avviamo per l’affollatissima stradina che si intraprende per il giro delle Tre cime e alla piccola cappella giriamo a sinistra inoltrandoci sul marcato sentiero per raggiungere la forcella tra la Cima Grande e la Cima Piccola. La salita si fa subito sentire e dobbiamo alleggerirci perché cominciamo a sudare. 




Lontano Auronzo di Cadore è coperto da un mare di nubi che l’alta pressione tiene schiacciato sulla valle. Di fronte a noi si innalza il maestoso paretone sud della cima Grande, mentre a destra si erge in tutta la sua arditezza e verticalità lo Spigolo Giallo della Cima Piccola, regno indiscusso del sesto grado. La giornata è semplicemente splendida, cielo sereno, caldo gradevole al sole, fresco all’ombra e assenza di vento. Chi l’avrebbe mai detto. Emanuele è convinto che sia stato io a portare il sole della Calabria.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giungiamo finalmente al ghiaione fino alla forcella dove tiriamo fuori casco, imbrago e materiale quanto basta. Cominciamo dunque l’arrampicata lungo un’evidente rampa rocciosa che porta all’imbocco di un impressionante canalone. Attacchiamo sul lato sinistro tra cenge e passi di facile arrampicata su roccia levigata. Il canalone in alto è sbarrato da un masso incastrato.




Saliamo a sinistra dove vi è un impegnativo passo di III + da superare fino alla Forcella della Piramide sulla cresta sud est tra la Cima Grande e il suo avancorpo sud. Nella progressione integriamo con qualche friend e anello di cordino per proteggere il tiro. Da questo punto è visibile tutta l'immane parete sud. Con il problema degli scarponi rigidi devo adattarmi nel modo di arrampicare.




Alla strettissima forcella appaiono i pilastri della Cima Ovest sovrastati da una magnifica luna argentea. Da questo punto attacchiamo le rocce di destra, una parete di III- fino ad un terrazzino. Un’altra breve paretina e si guadagna un’esile cengia esposta. Oggi salgono e scendono diverse cordate incoraggiate sicuramente dalle condizioni strepitose del meteo. Davvero non si poteva chiedere di meglio.




Dal terrazzino si prosegue per gradoni in una sorta di anfiteatro fino a guadagnare una seconda forcella. Dopo una breve discesa si risale sul lato opposto dove compaiono delle targhe commemorative e poi per sfasciumi puntando la parete nerastra posta tra la Cengia Mediana e la Grande Cengia Anulare.




Anche se le difficoltà non sono eccessive e compaiono segni sbiaditi di vernice con molti ometti, alcuni dei quali “abusivi” si tratta di una via lunga, complessa e molto articolata, dove se non si presta attenzione ci si può incrodare, specialmente in caso di nebbia o scarsa visibilità. A volte, per restare sulla via basta individuare le rocce unte, ovvero levigate, segno del continuo passaggio degli alpinisti.




Dopo una serie infinita di passaggi nei quali si alternano brevi camminate, tratti in conserva e tiri di corda tra camini, gradoni e cenge raggiungiamo finalmente il passaggio chiave, quello che temevo di più sempre per via degli scarponi rigidi, inadatti per queste rocce scivolose. La parete è solcata da un lungo e marcato camino alla base del quale diverse cordate sono già impegnate nelle manovre di corda, ciascuno sfoggiando la propria tecnica di arrampicata. Ci si supera, ci si sovrappone e le corde addirittura si intersecano tra di esse. Sembra quasi una gara.




Il modo più comodo per superarlo è arrampicare a sinistra su un breve passaggio di III fino a guadagnare una cengetta che porta dritta nel mezzo della spaccatura inclinata, evitando in tal modo la prima metà del camino viscido. Si va in opposizione prestando molta attenzione perché c’è zero grip sia in aderenza che in appoggio perché le pareti sono levigate come il vetro. Giungo ad un terrazzino comodo dove prendo fiato ma c’è un ostico masso sporgente da arrampicare, una sorta di pancia posta prima dello sbocco della spaccatura dove Emanuele mi sta aspettando mentre fa sicura.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo qualche tentativo quasi tutto a forza di braccia perché gli scarponi non mi assistono riesco finalmente a vincerlo. Il passo è valutato IV- ma io devo aggiungere un mezzo grado se non di più. Da qui’ saliamo una parete di III+ esposta ma ben appigliata fino a raggiungere una comoda terrazza dalla quale si può ammirare la parete ovest della Cima Piccola, un magnifico castello con le sue torri angolari. Il panorama guardando verso est si amplia ulteriormente. Spicca su tutte la Croda dei Toni, il Paterno e il Popera; più defilata a sinistra invece la celebre Cima 11, poi Cima d’Auronzo e via via tutte le altre cime secondarie.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccoci finalmente sulla Grande Cengia anulare che ci permette di rifiatare ulteriormente. La percorriamo per un centinaio di metri seguendo gli omini fino al punto in cui bisogna riprendere a salire dritti. Da questo punto di osservazione si pone in bella evidenza il lago di Misurina con i suoi Cadini, l'imponente gruppo del Cristallo, il Sorapis con il suo maestoso anfiteatro di vetta innevato, la Croda Rossa e dietro un po’nascoste le famose Tofane di Cortina. Compare anche Auronzo di Cadore con il suo lago fin’ora tenuti celati dal mare di nubi.




Per la vetta non manca molto, si fa per dire. Salendo verso destra ci insinuiamo in un canalino nascosto di 15 metri con difficoltà di III fino a raggiungere facili terrazze ghiaiose. Traversiamo verso destra superando una pancia di roccia di III ed infine un ultimo ripido camino di III- subito dopo il quale appare d’improvviso la croce di vetta attorniata da un nutrito gruppo di alpinisti.




Salendo le ultime facili roccette con un pizzico di commozione ne raggiungo la sommità in poco meno di quattro ore dal rifugio Auronzo.Alla croce di vetta grande esultanza naturalmente, e scherzando con il primo che capita mi dico contrariato dai 2999 metri della cima. Ma perché non solleviamo un sasso e non facciamo 3000 tondi tondi?




Il panorama è semplicemente assurdo, un tripudio di punte aguzze, valli a gola, guglie, castelli e torrioni multicolori a trecentosessanta gradi. Impossibile elencare tutto ciò che si vede: il Cadore, il gruppo della Marmolada e del Sella, le Marmarole, l’Antelao dalla forma di perfetta piramide, le Dolomiti di Zoldo, l’Adamello Brenta ecc. ma anche gruppi montuosi più lontani.




Con la luce di oggi gli occhi si spingono infatti molto lontano fino alle Alpi Carniche, lo Stelvio, il Grossglockner e il Bernina innevati e tanto, tanto altro. Pero’ ciò che mi attira di più è senz’altro la splendida e perfetta silhouette slanciata e torreggiante della dirimpettaia Cima Ovest, poco più bassa della Grande.




E dopo il meritato panino poco sotto la vetta cominciamo la discesa che avverrà quasi interamente per la stessa via di salita con una lunga serie di calate in corda doppia e disarrampicate. Osserviamo storcendo un po’ il naso alcune manovre poco ortodosse da parte di giovani scalatori, quali calata in doppia con l’uso del discensore a otto, adatto più per il torrentismo e il lancio delle doppie in canaloni detritici, dove si potrebbero facilmente incastrare durante il loro recupero. Infine con la spettacolare Cima Piccola, che si erge di fronte verticale e imponente, ci depositiamo alla base del canalone d’accesso della via fin giù alla forcella.




Torniamo per l'affollato sentiero che porta al rifugio Auronzo, davvero tanta gente in questa splendida giornata al cospetto dei giganti di pietra che oggi ci hanno visti protagonisti. Le Dolomiti sono uniche al mondo così come l’Italia, un concentrato di tutto ciò che si possa vedere nel resto del mondo e per questo dobbiamo considerarci privilegiati. Ora ritorno alla mia terra, al mio Pollino portandomi dietro anche questa emozionante esperienza, scalare una delle cime più belle e blasonate al mondo chiudendo magnificamente la stagione estiva come meglio non si poteva.