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sabato 2 marzo 2024

Dolcedorme Canale e parete Nord Est

Denis Urubko, in un suo recente intervento ha affermato che le vere ascensioni invernali sono quelle effettuate dall’1°dicembre al 28 febbraio, secondo l’inverno meteorologico. Io penso che lo stesso criterio non si possa applicare rigidamente per il nostro Appennino, data la crisi d'identità degli inverni, sempre più avari di neve e climaticamente altalenanti. Perciò se durante un'ascensione, effettuata anche a fine aprile come accadde l'anno scorso, si dovesse rendere necessario l'uso di piccozza, ramponi o ciaspole, non me ne voglia il buon Denis, mi permetto di considerarla a tutti gli effetti "invernale".





Siamo al 17 febbraio e le uniche isole felici nell'Appennino meridionale dove si può godere di un buon innevamento sono i versanti nord del Cervati, del Sirino e del Pollino. Per il resto la situazione è desolante. Per non tornare di nuovo negli stessi luoghi, osserviamo alcune foto dai social che ritraggono magre condizioni generali, e tra le poche opzioni scegliamo il canale nord est di sua maestà il Dolcedorme che sembra avere un buon innevamento. Sarà l'occasione per ritornare su questa montagna che non scalavo dal lontano novembre 2022 in notturna invernale insieme al mio compagno Pasquale, risalendone l'ardito canale conosciuto come "Scilla e Cariddi" dove cogliemmo in vetta un'alba spettacolare.





L'avvicinamento avviene attraverso la porta orientale del Parco seguendo la strada montana che si dirama dall'abitato arbёresh di Civita per Colle Marcione che raggiungiamo poco dopo l'alba. Rapiti dalla vista strepitosa che si apre da questo punto panoramico, accostiamo per scattare qualche foto sul paesaggio, mentre i primi raggi di sole incendiano le sconfinate distese del bosco Fagosa e delle montagne con le ombre delle Timpe che si allungano sulla valle.





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con l'auto proseguiamo oltre fino al termine dell'asfalto e parcheggiamo di fronte la Masseria "Casa Francomano" dove facciamo amicizia con un paio di maremmani chiassosi. Poi procediamo a piedi lungo la sterrata per circa un chilometro, fino ad arrivare alla vera località di partenza denominata "Fonte di Acquasalata", situata a quota 1140 m. La traccia si inoltra tra campi coltivati e va ad intersecare la pista della Fagosa fino alla sorgente del Vascello, situata in un'incantevole radura immersa nel bosco. È una splendida giornata dal sapore primaverile e già dopo poche centinaia di metri dalla partenza devo levare il piumino optando per qualcosa di più leggero.





Continuando lungo il "Sentiero del Dolcedorme", calchiamo le prime tracce di neve solo a 1550 metri di quota. Dalla sorgente, in venti minuti arriviamo al suggestivo e selvaggio Piano di Fossa, incastonato tra le balze rocciose della cresta est di Serra Ciavole e la parete nordest del Dolcedorme. Non visibile dal Piano sale ripido un elegante e sinuoso canalone che si fa largo tra i faggi, inizialmente con inclinazione di 35°, man mano aumentando fino ad un divertente salto quasi verticale. Usciti dal bosco in corrispondenza di un colonnare pino loricato secco, il canale si trasforma in una rampa che si impenna repentinamente raggiungendo inclinazioni anche di 50°. Lo affrontiamo in libera su una neve non portante tenendoci discosti però dalla base del canale per evitare zone di accumulo.





Dopo aver superato questo tratto molto faticoso usciamo sul paretone nord est, meno inclinato ma esteso come un vasto mare. Il manto nevoso adesso diventa esiguo con affioramenti di rocce ed erba mentre il sole molto caldo, contrastando con la brezza fredda che soffia da nord ci costringe a spogliarci e a rivestirci. La stanchezza adesso comincia a farsi sentire e mentre zigzaghiamo, di tanto in tanto ci fermiamo per rifiatare e ammirare alcuni pini loricati solitari dalle forme bizzarre. Sotto il bordo del canale sorge anche un piccolo giardino di pini, la cui bellezza ci ripaga della fatica, mentre Serra Ciavole di fronte a noi si staglia maestosa e costellata da innumerevoli pini loricati, ma aimè coperta purtroppo da poca neve.





Dopo una interminabile pettata raggiungiamo la cresta est del Dolcedorme a quota 2150 m. Qui facciamo una breve sosta per riprendere fiato e reintegrare energie grazie ai mitici fichi secchi ripieni portati da Pasquale. Dobbiamo ancora superare gli ultimi 120 metri di dislivello per raggiungere l'agognata vetta, che troviamo stranamente deserta per essere una bellissima giornata di sabato. Il contenitore in zinco che custodisce il libro di vetta è quasi interamente sepolto nel ghiaccio, e dopo averlo aperto non riusciamo a estrarne il contenuto, probabilmente a causa di uno strato di ghiaccio che lo tiene incollato sul fondo, e per evitare di danneggiarlo decidiamo di rinunciare lasciandolo dov'è e richiudendo il contenitore.





Il tepore del sole mi spinge poi a scendere per alcuni metri lungo una sottile e esposta cresta isolata, che si affaccia sui ripidi dirupi della parete sud, per consumare solo soletto il mio panino. Seduto davanti allo spettacolare panorama che si apre dal tetto del meridione, mi sento trasportato nel luogo più bello del mondo. Intanto, in vetta, il buon Pasquale e un altro escursionista appena arrivato si dilettano nell'immortalare con foto e video il paesaggio, ma è tempo di rientrare. Lo facciamo scendendo verso il piano di Acquafredda nel vallone sottostante lungo i pendii della parete nord che definisco "il Paginone".





I ramponi mordono una godibile neve compatta e croccante, ma scendendo di quota verso la faggeta diventa farinosa e leggera, e scavare i pendii ripidi coi talloni ci diverte come un gioco da bambini. Arrivati al piano di Acquafredda, a quota 1820 metri, ci dirigiamo verso la celebre "Radura degli alberi serpente" dove vegetano faggi che, fin da giovani, vengono piegati dal peso della neve, che in questa zona si accumula abbondantemente, assumendo nel corso della crescita una caratteristica forma contorta.





 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poco oltre il pianoro è ben visibile Italus, il maestoso pino loricato posto sul costone sudest di Serra Ciavole che con la veneranda età di 1234 anni è considerato l'albero più antico d'Europa. Dopo averlo salutato raggiungiamo il Piano di Fossa scendendo lungo il sentiero chiamato "la Scaletta", così denominato perché collega rapidamente i due piani, superando un dislivello di ben 200 metri. Infine, deliziati da una miriade di crochi che preannunciano l'imminente primavera, dopo 8 ore e mezza di cammino, 1200 metri di dislivello e 14 chilometri percorsi, torniamo all'auto, delusi certo da questo inverno ma ampiamente soddisfatti dell'escursione.





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