Di certo inverni
avari sul Pollino ce ne sono stati, come quello del 2016 andando a memoria, ma
un mese di gennaio interamente asciutto e senza fenomeni, da che vado in
montagna non si era mai visto. Purtroppo ciò ha interessato non soltanto l’area
del Pollino ma l’intero Appennino, da quello Tosco emiliano e ancor più su fino
alla Sicilia, un po' meno le Alpi.E’ triste vedere l'intera catena del Pollino in
veste estiva i primi di febbraio. L'unica sacca di resistenza è costituita dai
versanti a nord circoscritti ai Piani di Pollino in cui è presente la neve caduta
e accumulatasi nella prima metà di dicembre.
Le vie
alpinistiche che avremmo potuto tentare sarebbero state il Costone Nord e la
Via dei Lupi su Monte Pollino, itinerari questi che resistono al disgelo e conservano
discrete condizioni a lungo nel tempo, a volte anche fino a primavera inoltrata.
Essendo vicine nel settore della Grande Frana, in loco avremmo deciso di
attaccare prima il crestone e poi, una volta giunti sul margine sinistro
tentare il traverso lungo l'anfiteatro per tastare le condizioni del manto
nevoso. Se fosse stato compatto garantendo una buona camminata, ci saremmo
“buttati” sulla Via dei Lupi. Contrariamente avremmo proseguito lungo il Costone.
Questa in breve la strategia con tanto di “piano B”.
Una nota
sulle condizioni meteo e sulla viabilità. Stranamente il meteo dava poco
nuvoloso sul Pollino e coperto con debole pioggia nei paesini vicini come
Viggianello. Avremmo scoperto una volta in quota che l’alta pressione teneva le
nuvole basse sulle vallate generando lo spettacolare mare di nubi sopra il quale
invece ci saremmo trovati noi.Sulla viabilità ormai vi ho stancato dicendovi
che raggiungere Colle Impiso d’inverno dalla Calabria è “mission impossible”
causa condizioni di strada ghiacciata che permane nelle zone in ombra e che
praticamente non viene mai spalata. Dunque, armati di tanta pazienza facciamo il
giro da Viggianello prendendo la Ruggio Visione dal versante lucano. Un bel
viaggetto di quasi due ore. In ogni modo alle 7.50 siamo pronti a partire.
Il sentiero
classico che transita per Vaquarro fino all'ingresso dei Piani di Pollino è una
lingua di ghiaccio che ci consente di essere molto veloci. I versanti esposti
al sole sono invece completamente scoperti. Giunti ai Piani la situazione
cambia. La neve diviene farinosa e nel bosco, alle pendici nordorientali della
montagna l’ascensione si trasformerebbe in una faticosa ravanata se non fosse
per la presenza di un provvidenziale traccione tipo Alpi, lasciato dal gruppo
CAI la settimana precedente nel fare il Costone Nord. Rimaniamo a galla.
Ad un'ampia
radura fuori dal bosco dove il Pollino si svela in tutto il suo sontuoso
splendore la traccia scompare. Adesso abbiamo a che fare con uno strato
superficiale durissimo di un paio di centimetri sotto il quale permane neve
morbida. Cerchiamo di camminare lentamente come sulla superficie di un lago
ghiacciato stando attenti a non sfondare.Purtroppo giunti al margine del boschetto
terminale di piccoli faggi, ad ogni passo si sfonda di brutto. Questa è
veramente la situazione peggiore in cui ci si possa trovare durante la
progressione su neve. Fortunatamente dura poco perché guadagnato il crinale
allo scoperto, lo spessore di neve diminuisce e le rocce affiorano. Si sale
adesso di gran carriera su uno strato omogeneo, duro e compatto.
Nel
frattempo la nebbia proveniente da nord comincia ad alzarsi insinuandosi nelle
vallate e avvolgendo la dirimpettaia Serra del Prete conferendole un aspetto
quasi fiabesco. Raggiunta i Piani si mantiene piuttosto bassa per effetto
dell'alta pressione non creandoci così alcun fastidio. Proseguiamo lungo il
margine del costone cercando un punto in cui si possa accedere comodamente sul nevaio.
Per raggiungere l'attacco della Via dovremmo attraversarlo integralmente. La
neve adesso cambia stato repentinamente. Ora è farinosa, subito dopo diviene
crostosa, poi dura e compatta e di colpo troviamo lastre di vetrato. Mai viste
condizioni così mutevoli in poco spazio.
Commettiamo
però l'errore di salire troppo trovandoci sul bordo dei salti rocciosi che costituiscono
il margine sinistro della Grande Frana. Ci tocca così disarrampicare in
retromarcia per 150 metri lungo una parete ghiacciata con inclinazioni che
toccano anche i 55°.Discesi allo spigolo della costola rocciosa, all’altezza di
un loricato isolato su uno spuntone roccioso e aggiratolo dal basso, possiamo
puntare dritti verso la Via dei Lupi.
Via storica
dell’alpinismo sul Pollino, più che un canale è costituita per la prima parte
da un largo scivolo con pendenze che toccano i 55°, diviso in due da una crestina
che raggiunge una spalla. Mantenendo la destra si risale poi una seconda linea ripida
su neve, roccette affioranti e ciuffi d’erba fino a prendere la cresta sud est
del Pollino. Se si va a sinistra invece si impegna una rampa nevosa più facile
che di solito si intraprende dopo la prima parte della variante B della via. In
ogni caso le due uscite confluiscono allo stesso punto.
La salita
risulta piacevole con condizioni più che soddisfacenti. Troviamo infatti neve
compatta e a tratti ghiacciata perché in effetti la via rimane pressoché in
ombra per tutto il tracciato. Magnifici e slanciati esemplari di pini loricati
popolano questo settore del Pollino.Dall'uscita guadagniamo la vetta in un
quarto d'ora camminando su poca neve, rocce e ginepri emisferici. L’orizzonte
verso sud ovest è interamente un mare di nubi e anche Serra del Prete dove sono
sopraggiunti diversi escursionisti saliti per la cresta nord è investita da folate
di nebbia. Nel complesso però la giornata è solare, luminosa e poco ventilata
in quota.
Dopo la
vetta scendiamo sul fondo della magnifica dolina per rifocillarci e poi impegniamo
per il ritorno la via normale da sud ovest. Fino a Gaudolino poi è la fotocopia
dell’ultima discesa dell'8 gennaio ma con meno neve sul versante occidentale. Anche
Piano Gaudolino fa un po’ tristezza per la scarsa quantità di neve. Alcuni
escursionisti o turisti popolano il piccolo e accogliente rifugio e noi abbastanza
soddisfatti rientriamo per il sentiero che porta a Colle Impiso.
Prima pero’ deviamo
per la pittoresca sorgente di Spezzavummola, dalla quale sgorga l'acqua più fredda
del Pollino. Essa riusciva a rompere i contenitori di terracotta, le “vummole” appunto,
quando venivano riempite. Infine rientriamo a Colle Impiso dove ci aspetta
l'auto e il lungo viaggio di ritorno.
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