Dopo l’emozionante salita ai crateri di Stromboli, il giorno
seguente faccio tappa a Panarea, che con soli 3,4 chilometri quadrati è la più
piccola delle isole Eolie, ma al contempo un vero gioiello naturale incastonato
nel blu cobalto di uno splendido mare. Nel corso del tempo ha incantato
artisti, scrittori e musicisti tanto da diventare nel periodo estivo un mix di
cultura e mondanità. ”Di notte infatti i vacanzieri si accalcano tra i
locali cool per gustare un aperitivo prima di immergersi nel coinvolgente sound
delle discoteche isolane.” (turismoeolie.com).

Personalmente il lato di festosa mondanità dell’isola non mi
interessa un granché, il mio obiettivo come in tutte le escursioni che compio è
quello di contemplare le bellezze naturali che questo posto incantato offre, e
quando sei lassù in cima a Punta Corvo, assaporare quella strana sensazione di
trovarti praticamente circondato dal mare in un ambiente assolutamente
selvaggio, ben lontano dalle atmosfere da red carpet del paese.





Questo villaggio però fu abbandonato velocemente lasciando
traccia di incendi come testimonianza di una distruzione e non fu più abitato
nelle epoche successive. In questo periodo si percepisce la natura selvaggia
del luogo ma cerco anche di immaginare come esso si trasformi nel periodo
estivo strapieno di vacanzieri accalcati su questi fazzoletti di spiaggia a
contendersene un pezzetto.



Prima del suddetto stretto corridoio di accesso al
promontorio si stacca un comodissimo sentiero ben tenuto che condurrà con un
ampio aggiramento al culmine di Punta Corvo. Ad un certo punto vi è una sbarra
e poi un cartello che dice di non dare da mangiare agli asini che qui venivano
utilizzati per i duri lavori nei vigneti. Acquisirono così tanta importanza che
i contadini riservarono loro uno spazio chiamato “Sarduni”. Oggi l’asino a
Panarea viene impiegato anche nelle manifestazioni folkloristiche. Attraversando
completamente per intero il Piano dei Milazzesi però non ne ho visto nessuno.
Il sentiero al termine del Piano svolta decisamente a destra
iniziando ad inerpicarsi lungo la scoscesa ed esposta Costa del Capraio che con
un dislivello di 400 metri raggiunge la Punta del Corvo. Mentre si sale il
panorama si apre ancor di più su vasti orizzonti sempre più sconfinati. Verso
sud diventa piccola la Punta dei Milazzesi e in lontananza, sud, sud-ovest
fanno capolino le isole di Vulcano, Lipari, Salina e Filicudi. Alicudi, più
distante non è visibile a causa della foschia.


Questa è la parte inaccessibile dell’isola fatta di pareti
strapiombanti, ripidi canaloni erosi e orridi impressionanti che si gettano nel
mare. Lungo questo versante tormentato sorgono Punta Muzza, Punta Lariano e
Punta Scritta intervallate dalla Cala Bianca, raggiungibile soltanto via mare.
La salita è davvero faticosa lungo un territorio aspro dove la macchia
mediterranea la fa da padrona tra ginestre, fichi d’india e qualche pino mentre
gli affacci sul mare offrono archi naturali e strane formazioni rocciose dai
colori rossastri e giallastri tradendo la natura vulcanica dell’isola.
Dopo una bella pettata raggiungo l’altopiano di Punta Corvo
e qui davvero sembra di trovarsi nel Giurassico, una foresta “primordiale” così
fitta che se non fosse per il sentiero realizzato appositamente non si potrebbe
accedere in nessun modo. Anche lo scenario muta perché ora si guarda verso
ovest, nord-ovest con l’isola di Basiluzzo e gli isolotti vicini e lontana la
piramide perfetta di Stromboli che fuma in maniera cospicua che emerge dal blu
intenso del Tirreno. Questo è il momento di fermarsi e sognare davanti ad un
paesaggio talmente sublime che non ha eguali.



Tutt’intorno è blu, è mare, è immensità. Peccato soltanto
che la foschia all’orizzonte precluda la vista delle catene montuose calabre
della Costa Viola, della Catena Costiera, dei Monti di Orsomarso e del Cilento.
Ma va bene così, gli occhi non riescono a saziarsi di cotanto spettacolo.






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