Domenica 2 novembre si va nel favoloso
mondo di roccia della Timpa di San Lorenzo, "dove non osano neanche le
capre", montagna aspra e selvaggia capace di proiettarti ai confini del
mondo grazie alla sua bellezza ruvida e primordiale. Raggiunto il passo del
Bifurto in auto l'impatto visivo sull'areale delle Timpe è impressionante. Ma
ciò che sorprende di più è proprio la morfologia straordinaria e inusuale della
Timpa di San Lorenzo, un colossale lastrone di roccia inclinato e sollevato lateralmente
da forze immani. Vista da sud è come se fosse stata tranciata di netto da una
gigantesca scure facendo ben risaltare la sua strapiombante parete ovest alta
850 m. Tra le formazioni più iconiche del Pollino combina bellezza geologica,
panorami profondi e sensazione di contatto con l’immenso. Chi arriva in vetta o
lungo la cresta può godere di vedute profonde sulle gole del Raganello, sulle
montagne circostanti e sulle vaste faggete a perdita d'occhio.
La sua ascesa, nonostante abbia
un’elevazione di "soli" 1652 m. non è per niente semplice. Il suo
lungo crinale noto come "Cresta delle Aquile" è lungo, esposto,
richiede esperienza, buon allenamento, e non è adatto a chi soffre di
vertigini. Escludendo la meno impegnativa via normale che si intraprende da
Colle di Conca, i pochi labili camminamenti presenti sono tutti dei severi
fuori sentiero che si insinuano tra cenge esposte, rocce impervie, lisci
insidiosi, frane imponenti, leccete intricate e ghiaioni scivolosi. In tutto
ciò sul settore meridionale della parete est spiccano due vie d’arrampicata
multipitch, che rappresentano un vero valore aggiunto all’intera area.
Quella di sinistra,aperta da Fabio Minerba nell’autunno del 2009 e ripetuta da me e dal mio compagno di cordata Pasquale nel 2013 è stata battezzata “Via delle Finte Clessidre” ed è molto bella e singolare. Mentre da lontano appare come una gigantesca colata di cemento, da vicino la roccia è tutta bucherellata per la presenza di quelle che sembrano clessidre, ma in realtà si tratta di nicchie, canalette e cavità carsiche superficiali, piccole karren o scannellature dovute all'erosione. Solo in pochi punti se ne trovano di vere, utilizzate per le soste o per i rinvii. La relazione le attribuisce uno sviluppo di 225 m e una difficoltà massima di IV- (4b) suddiviso in 8 tiri unificabili fino a portare le lunghezze a 5 obbligate. Noi invece ne facciamo 6 discostandoci per alcuni tratti dal tracciato originale, tenendoci a sinistra nel primo tiro e sconfinando al termine del quarto tiro nell’altra via,”Thank Climber’s” per rientrare subito in Finte Clessidre.
Si parte dalla masseria Armentano in una
giornata splendida e moderatamente calda. Già da subito tiriamo fuori corda e
materiale e ci imbraghiamo, visto il breve avvicinamento. Scendiamo lungo la
strada acciottolata con balaustra in legno che porta alle gole di Barile. Dopo
un centinaio di metri l'abbandoniamo deviando verso destra nel ghiaione e
puntando alle visibili prime placche compatte che salgono verso la cresta sud
est. Individuata la prima sosta posta a una decina di metri dall'attacco
partiamo con i tiri, uno dopo l'altro fino al sesto e ultimo dove la via muore
per mancanza di roccia arrampicabile. A questo punto in gergo si dice
"fine delle difficoltà", ma in realtà da adesso ne incontreremo
altre, di diverso tipo. Infatti, al termine della via, invece di effettuare le
calate in doppia per scendere, preferiamo continuare per compiere un giro ad
anello.
Pertanto proseguiamo la salita tra la
vegetazione e a tratti arrampicando su grossi massi compatti che oppongono
difficoltà di I e II grado. E qui introduco il concetto di
"scrambling". Il termine indica una salita tra escursionismo
impegnativo e arrampicata, dove si usano mani e piedi per progredire, ma senza
bisogno di corde o imbraghi. È più difficile di un sentiero escursionistico, ma
più facile di una vera arrampicata. Tutto ciò fino a raggiungere gli immani
blocchi rocciosi della cresta sud est che si affacciano sul baratro della
parete sud ovest. Qui ci meritiamo una lunga sosta con panorama incredibile
sulla dirimpettaia spettacolare Timpa di Cassano, sulla Fagosa che mantiene
ancora i colori autunnali e sulle sottostanti vertiginose gole del Raganello. Conquistata
la cresta il nostro obiettivo non è il raggiungimento della lontanissima vetta
perché la distanza e le poche ore di luce renderebbero complicata la delicata
discesa nella via del ritorno. Ci fermeremo invece alla prima Anticima quotata
1220 m. che raggiungiamo seguendo il filo di cresta arrampicando ora tra
placche e cenge molto inclinate ed esposte, ora aggirando nel bosco di lecci.
Una volta raggiunta cominciamo subito a
scendere, seguendo un tracciolino segnato sulla mappa ma che indica soltanto un
percorso meno verticale e pericoloso che conduce alla base della parete est. Nonostante
si cerchi il percorso meno disagevole, aimè ci tocca procedere su terreno
accidentato e scosceso attraversando infiniti ghiaioni, lisci e faglie a cui
prestare attenzione ad ogni passo, districandoci di tanto in tanto tra gli
immancabili lecci. Dopo una bella ravanata guadagniamo una sterrata che muore a
ridosso di terreni ben recintati. Per risparmiare un paio di chilometri di
strada asfaltata tagliamo tra i campi coltivati scavalcando qualche recinto
fino a intercettare la rotabile che ci conduce al punto di partenza.
Si tratta di un percorso completo e
difficile ma di grande soddisfazione che racchiude in realtà più di una
attività e che non poteva terminare senza l'immancabile birra al bar ristorante
Pino Loricato di San Lorenzo Bellizzi. Sorseggiata all'esterno ci godiamo lo
spettacolo del sole che tramonta proprio dietro le nostre magnifiche
Timpe...laddove "non osano neanche le capre".
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