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sabato 24 agosto 2024

Gole del Barile risalita integrale fino alla Frana del Grande Diedro

Come mia abitudine, nei periodi di caldo torrido, vado alla ricerca quasi ossessiva di itinerari in ombra o meglio ancora a contatto con l'acqua. Uno di questi riguarda un luogo al quale sono particolarmente legato e che per tradizione frequentavo almeno una volta all'anno in estate. Si tratta delle Gole del Barile o Gole alte del Raganello, in territorio di San Lorenzo Bellizzi che è senza ombra di dubbio il gioiello assoluto del Parco del Pollino, uno dei canyon tra i più grandiosi d’Europa, uno spettacolo della natura che lascia senza fiato. Il toponimo "Barile", deriva dal suono che udivano gli abitanti del paese, prodotto dai massi trasportati dalla forza delle acque del torrente durante le piene simile al rotolare dei barili sul selciato. 




Dunque, visto la siccità in atto si va senza indugiare oltre, prima che le pozze divengano stagnanti a causa della mancanza di ricambio d'acqua. Così per sabato 3 agosto mi accordo con Giuseppe "Amici montanari" che non sta nella pelle perché finalmente dopo un paio d'anni,dalla salita su Monte La Spina riusciamo a combinare un'altra escursione insieme. Con lui c'è la compagna Michela. L'appuntamento è alla piazzetta di San Lorenzo Bellizzi che non vedevo da ben cinque anni e che come presumevo non è più quel brulichio di gente che si cimentava a scendere nelle gole per chiudere in bellezza con un lauto pranzo in uno dei ristorantini del paese.




Le note vicende della tragedia avvenuta nelle gole basse il 20 agosto di sei anni fa hanno inesorabilmente mutato quello che era il volto festoso di questo borgo durante l'estate. Per un certo verso però essere in pochi ha i suoi vantaggi. "Sentire il respiro di luoghi magici è appannaggio di coloro che sono sensibili all’atmosfera che li avvolge, che ne ricercano gli aspetti più selvaggi, la wilderness", diceva l’amico Saverio alias "Indio".




Per questo, quando entro nelle Gole del Raganello preferisco farlo in punta di piedi e con pochi compagni. Solcare in tal modo le acque perfettamente cristalline e trasparenti delle pozze, avvertirne la solitudine, concentrarmi sui profumi, sul gorgoglio delle cascate e sentire la tiepida brezza che accarezza le alte pareti bruciate dal sole d’agosto. Non certamente gli schiamazzi continui di carovane di torrentisti e frotte di turisti in infradito che riecheggiano fra le pareti rendendo l'acqua torbida al loro passaggio dando l'impressione di trovarsi più in un acquapark che in una riserva naturale.




Con Giuseppe e Michela dunque ci rechiamo in località Barile nei pressi di una masseria dove parcheggiamo l'auto e ci cambiamo. Lungo il sentiero che scende ripido incontriamo un paio di cartelli indicanti semplici avvisi di "pericolo piena", non di divieto dunque. Arriviamo così al cospetto delle "Sentinelle del Barile", poderosi massi staccatisi dalle pareti sovrastanti le immani Timpe di San Lorenzo e Cassano nella notte dei tempi, che ostruiscono il letto del torrente e costringono i torrentisti ad entrare in acqua calandosi per uno scivolo laterale o più avanti lungo la paretina dove sono stati attrezzati alcuni spit e anelli di calata. In alternativa, qualora la portata dell'acqua lo permetta si può attraversare uno stretto pertugio tra le rocce superando poi un insidioso scivolo.





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Messi i piedi in acqua è sempre la medesima emozione, come se fosse la prima volta, ma con amici diversi. Il percorso nella prima parte è sempre vario ma mai difficoltoso caratterizzato da tratti di ampi spazi fino al famigerato "Cucchiaio", un passaggio ostico che costringe molti a tornare indietro e che mi ha dato sempre filo da torcere. E' un salto verticale di tre metri completamente liscio vicino il quale scorre una cascatina. Sopra di esso l'erosione perenne dell'acqua ha creato un incavo simile ad un cucchiaio che viene sfruttato al ritorno lasciandosi scivolare per saltare giù nella pozza sottostante. Questa volta, grazie al materiale detritico accumulato alla base di un saltino laterale riusciamo a vincerlo con relativa facilità.




Alternando tratti più ampi ad altri più stretti e inforrati oltrepassiamo un secondo ostico passaggio, un “buco con scivolo” da arrampicare con attenzione perché molto levigato. Proseguendo oltre raggiungiamo finalmente "l’Anfiteatro del Diavolo", per me il luogo più bello dell'intera gola, un assoluto incanto che ogni volta mi emoziona. Qui l’immane parete ovest della Timpa di S.Lorenzo ci sovrasta per 800 metri circa, una cattedrale di rocce ciclopiche disposte a franapoggio sostenute in un delicato e apparente precario equilibrio. L'ambiente è grandioso e noi piccoli uomini che osiamo profanare questi luoghi sacri non siamo che nullità, solo un battito di ciglia nella linea del tempo.




Per proseguire bisogna risalire il "Gomito", un toboga che da sopra una pozza svolta bruscamente a novanta gradi. La scarsa portata d'acqua di questo periodo ci facilita di parecchio il compito. Più su attraversiamo la "Forra oscura", il punto in cui le pareti raggiungono anche 500 metri di altezza ed è talmente stretta da non lasciare penetrare i raggi del sole. Altro punto caratteristico è un secondo scivolo con buco, molto levigato da arrampicare con attenzione fino al ciclopico "Masso incastrato" dove è d'obbligo farsi fotografare mentre da sotto si fa finta di sollevarlo.




Il capolinea dovrebbe essere il "Masso insuperabile", che solo raramente e in circostanze particolari si riesce a superare, come capito' a me una sola volta arrampicando a destra e vincendo con notevole sforzo la forza del getto d'acqua. Ma stavolta con la scarsa portata d'acqua l'operazione diviene meno complicata del solito. Dunque si prospetta la concreta possibilità di realizzare la risalita integrale dell'intero canyon fino alla "Frana del grande Diedro" caduta nell'autunno del 1979. Prima però vi è un secondo salto impegnativo con cascatina laterale, il "Masso delle Rudiste", poi un tratto di canyon spettacolare tappezzato da policrome concrezioni nella roccia simili a “Canne d’organo", e la bella "Sorgente degli Equiseti", con le sue acque che scaturiscono da una spaccatura nella roccia.




Dalla Frana i miei compagni avrebbero voluto proseguire oltre, talmente sopraffatti da tanta bellezza. Ma bisogna tornare indietro e ripercorrere tutti i passaggi dell'andata, alcuni dei quali attraverso calate in corda doppia. Infine, dopo aver ripercorso a ritroso l'intero torrente estremamente soddisfatti usciamo fuori attraverso il “Foro delle Sentinelle” guadagnando il sentiero che ci riporta all'auto.





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A Giuseppe e Michela, come due bambini quasi brillavano gli occhi di entusiasmo misto a commozione davanti agli scenari immensi che si presentavano già sulla vallata verso la Timpa di S.Lorenzo e di Cassano e poi lungo l'intero percorso in forra. Per loro una vera scoperta, per me la conferma di come seppur abbia calcato queste terre molte volte non mi stanchi mai di ritornarvi e di subire ogni anno in estate il loro fascino e il loro richiamo.





 

 

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