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venerdì 27 ottobre 2017

Gran Sasso Via dei Laghetti al Monte Prena



Dopo le fatiche del Monte Rosa seguite da uno stop di un mese e mezzo e' tempo finalmente di rimettere in moto gambe, braccia, cuore e polmoni per una nuova uscita questa volta in terra d'Abruzzo. Una cosa programmata tempo fa ed ora finalmente attuata, complice quest'ampia finestra di bel tempo che sta avvolgendo la nostra penisola. Si tratta di una classica del Gran Sasso, la bellissima Via dei Laghetti al Monte Prena che con i suoi 2561 m. e' una delle cime più elevate e importanti del Massiccio.




Non tragga in inganno il nome perchè non di tratta di una tranquilla passeggiata in mezzo ai laghetti nel bosco, ma e' una via alpinistica lunga, articolata ed impegnativa. E’ una specie di canale colatoio che si insinua in un dedalo di pareti, guglie e rocce di ogni foggia incastonato in quella cornice grandiosa e maestosa che e' il Gran Sasso. Essa termina su una selletta belvedere a quota 2385 m. dove giunge un'altra via alpinistica, l’Adelmo Brancadoro, molto estetica ma meno impegnativa e tecnica della Laghetti. Dal quel punto chi volesse raggiungere la vetta del Prena dovrà aimè profondere un ulteriore ed estenuante sforzo nell'impegnare l'ultima rampa che porta alla croce metallica quando si è già stanchi e provati dopo tre ore e mezza di continua arrampicata.





Ho letto da qualche parte che sotto il profilo delle difficolta' rappresenta una via di mezzo fra l'escursionismo e l'alpinismo, posta in una cosiddetta "zona grigia". Personalmente non sono d'accordo perché esiste in questo caso il grado alpinistico. E'considerata infatti PD con due o tre passaggi di III e il resto di I e II continui per cui e' a tutti gli effetti una via alpinistica.




Il nome trae origine dalle caratteristiche pozze cristalline che si formano alla base di diversi salti simili a piccoli laghetti appunto.Per contro, una peculiarità infelice di questa via e' l'estrema pericolosità in caso di pioggia poiché essa raccoglie tutte le acque di scolo del Prena. Infatti basta osservare La Canala, l'immensa conoide di deiezione, che come un fiume di sabbia e pietrisco si dipana e si estende proprio dalla base delle pareti rocciose per intuire cosa viene giù quando piove. La targhetta commemorativa dei due escursionisti sventurati travolti da una valanga di acqua e fango nel 2008 deve servire da monito alla rinuncia incondizionata in caso di minaccia di pioggia se non ci si voglia cacciare in una trappola mortale.




































Mio compagno di cordata e' Gianluca da Ortona, abruzzese verace con cui ho condiviso l'anno scorso la grandiosa attraversata del Centenario. Fu in quell'occasione che accennai alla via dei Laghetti proponendola per l'anno successivo e lui si mostrò subito disponibile. Così giorno 15 ottobre mattina alle 8.30 si parte da Campo Imperatore nei pressi del bivio per Santo Stefano di Sessanio.


































Anche se un po' tardi rispetto ai miei soliti canoni non ci mettiamo molto ad attraversare l'estesa piana simile alla steppa entrando e proseguendo nella Canala seguendone il greto fino alla sua origine. Il paesaggio contrastante alterna linee dolci ed arrotondate che impattano all'improvviso con l'asprezza della parete sud del Prena e dell'Infornace, tanto da apparire nell'insieme un ammasso di rocce disordinato e frastagliato.




All’altezza di alcune briglie di contenimento dell’acqua si incontra un casalotto e successivamente la targa che indica la partenza della via Cieri. Si prosegue oltre finché si giunge all'attacco della via piegando decisamente a sinistra insinuandosi nel canale. Si raggiunge un primo salto in apparenza non facile perché un bollo rosso invita a prenderlo dalla destra. Invece si sale da sinistra andando in diagonale verso il centro superandolo senza problemi. Più su si incontra un altro salto che ho giudicato di III+, non semplice da superare se non fosse per due chiodi presenti, un cordino e una staffa che quasi azzera la difficoltà. 




La progressione continua poi su passaggi di I e II quasi continui in una divertente arrampicata fino a raggiungere una strettoia mentre il caldo notevole anomalo per essere metà ottobre e a queste quote mi impone di proseguire in canotta. Alla fessura molto stretta devo levarmi lo zaino per passare mentre Gianluca, longilineo e con uno zainetto più piccolo riesce ad insinuarsi facendo qualche contorsione di troppo. Superato l'angusto ostacolo si passa attraverso un buco e in successione sotto un masso incastrato.



Più si sale maggiore l'ambiente diventa fantastico e vario. Infatti dopo questi ultimi passaggi il canale svolta a destra e termina su di un terrazzo dove si apre un panorama grandioso sulla Fornaca, la Canala e la piana di Campo Imperatore.



































La via però e' ancora lunga e dal belvedere si sale prima per un pendio erboso per poi procedere verso sinistra camminando su un sentierino e, superando l'ennesimo saltino con presenza dei laghetti si svolta nuovamente a destra operando un traverso lungo la parete sud del Prena tra sfasciumi fino a riprendere il canale che qui si apre e si allarga.




E' l'ultimo tratto tutto su roccette che conduce al forcellino sul quale si congiunge la Brancadoro. Ma e' veramente dura anche perché la zona e' battuta in pieno dal sole cocente che riflette il biancore delle rocce calcaree. Cerchiamo in tal modo di guadagnare zone in ombra e sempre superando placchette e piccoli salti raggiungiamo il forcellino. Dal terrazzino si pone in bella evidenza il Monte Camicia con la sua cresta occidentale. Molti a questo punto, già ampiamente provati ma anche appagati rinunciano alla vetta e scendono direttamente per la Brancadoro. Noi vogliamo invece raggiungere la cima che e' ancora tanto, ma tanto lontana. La croce di vetta da questo punto appena visibile appare come un piccolo puntolino.



Seguendo i bolli giallo rossi, dopo una faticosa pettata risaliamo la rampa rocciosa finale fino alla croce di vetta. Lo spettacolo dal Prena e' grandioso in tutte le direzioni,a differenza dell'anno scorso quando durante l'attraversata del Centenario, sul Prena trovammo un tempo molto perturbato con i temporali che ci inseguivano costringendoci ad abbandonare la cima alla svelta. Stavolta siamo ampiamente ripagati dal panorama mozzafiato accentuato dalla bellissima luce e dall'aria tersa di questi giorni.




A Ovest domina la scena sua maestà il Corno Grande seguito dalla catena che dal Brancastello giunge alle creste frastagliate dell'Infornace con il suo versante nord tappezzato da chiazze di neve ghiacciata residui dell'ultima nevicata. Verso est lo sguardo corre a perdita d'occhio sulle pianure tappezzate del teramano fino all’Adriatico. Mentre ci rilassiamo consumando il nostro panino giungono altri gruppetti, chi sta facendo il Centenario e chi ha fatto la Laghetti come noi.



































Dopo le foto di rito ci si appresta a ritornare per la via normale direzione Vado di Ferruccio, ma ecco l'imprevisto inaspettato. La prima parte di discesa già di per se malagevole e un tantino delicata e' resa quasi impraticabile a causa delle ampie chiazze di neve ghiacciata che renderebbe il percorso pericoloso senza l'uso dei ramponi. Così dopo un breve consulto con gli altri decidiamo di ritornare sui nostri passi per trovare una possibile deviazione verso est e ricongiungerci al sentiero per il Vado, ma la cosa risulta difficile perche' non sapendo dove andare a parare, potremmo imbatterci in salti insuperabili costringendoci poi ad un complicatissimo dietro front.




A questo punto l'unica soluzione è quella di fare a ritroso la via Brancadoro che oppone due passaggi chiave da superare, una paretina di una decina di metri dalla quale ci caliamo grazie ad una corda fissa presente e da un traversino molto esposto servito anch'esso da un cordino sul quale allongiarsi. Più in basso incontriamo una lunga fessura stretta, a misura d'uomo davvero molto bella e caratteristica. Per il resto nessun'altra difficoltà fino alla targhetta che indica il termine (per chi scende) della via.



Sulla selletta che divide la Canala con la Fornaca ci separiamo dai compagni conosciuti in vetta e con i quali abbiamo condiviso la discesa. Mentre ci dirigiamo verso la Canala le pareti del Prena cominciano a tingersi di giallo e rosso perché ormai siamo quasi al tramonto che cogliamo a pochi metri dalla macchina. Poco dopo tornando lungo la statale per Fonte Cerreto ci fermiamo ad uno spiazzo panoramico, insieme ad altri che sopraggiungono per immortalare un tramonto infuocato a suggellare questa spettacolare e rimunerativa salita in uno dei massicci più belli e grandiosi del nostro Appennino.