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Attenzione: per alcune escursioni è possibile scaricare le tracce GPX in basso dopo il testo!!

sabato 23 agosto 2025

Forra fossile Varco di Bagnoli Castelgrande









Castelgrande è un piccolo comune di circa 800 abitanti, situato nella parte nord occidentale della provincia di Potenza, al confine con la Campania. Arroccato a 950 metri di quota su uno sperone di roccia, custodisce nei dintorni due suggestive forre: il Vallone Vivo, poco distante dall’abitato, e il Varco dei Bagnoli (così chiamata la parte iniziale, mentre il tratto basso è noto come Varco delle Fauci), considerato tra i canyon più belli della Basilicata e dell’Italia meridionale.


















In presenza d’acqua, l’itinerario alterna calate, tuffi e scivoli naturali particolarmente divertenti. Dalla tarda primavera, però, la forra si presenta “fossile”, priva cioè di scorrimento idrico a causa del forte carsismo che caratterizza l’intera area geografica. Nonostante ciò, offre in ogni caso un’esperienza entusiasmante di canyoning, con ben nove discese di corda in successione. Il canyon, molto solare e luminoso, si inserisce in un contesto naturale di straordinaria bellezza.




Oggi, venerdì 8 agosto l’appuntamento è alle 9.30 davanti al municipio del paese con Gabriele, Agata e Donato. Purtroppo ad accogliermi ci sono due cassonetti maleodoranti posti di fianco l'unico parcheggio libero e due gigantografie di Samantha Cristoforetti sulle pareti di un edificio. Probabilmente la sua immagine è stata associata all’osservatorio astronomico situato in località Toppo di Castelgrande, a 1.248 metri di quota. Una scelta legata dunque al tema comune dell’esplorazione dello spazio e dell’astronomia, anche se a me pare una forzatura.















Dopo i convenevoli di rito e una colazione al bar vicino, ci dirigiamo verso la località Pietra Longa Varco dei Bagnoli, dove, nei pressi di una masseria, lasciamo le auto. Indossiamo imbraghi e caschetti e prepariamo la ferramenta, ma questa volta ci risparmiamo le mute in neoprene. Per il resto, utilizzeremo l’attrezzatura e le tecniche classiche del torrentismo.




Mentre percorriamo il letto del torrente asciutto, tra ciottoli e macchia mediterranea, Gabriele, il nostro "leader" (nel canyoning è la guida e l'istruttore responsabile del gruppo) esperto in scienze naturali, ci indica una rientranza su Costa La Manca: la Grotta dei Pipistrelli, un sito protostorico in cui sono stati rinvenuti resti umani. La grotta è raggiungibile attraverso antichi sentieri battuti da Enotri e Romani, ma ancor prima da una antichissima civiltà, i Peuketiantes, popolo indigeno che abitava le aree interne dell'Appennino Lucano. Come gli Etruschi insediati lungo la fascia tirrenica, anche loro hanno lasciato tracce concrete della loro presenza, avvolte però da un’aura di mistero. In destra idrografica della forra si distinguono le eleganti e slanciate guglie rocciose del Monte Giano, la cui elevazione massima tocca i 1033 metri.







Raggiungiamo così il primo salto della giornata bypassando il secondo per evitare una vasca pensile stagnante. Donato apre la via e, a seguire, mi calo anch’io in autonomia per circa dieci metri, tornando al discensore a otto con "vertaco". Quando è presente acqua, dicono che il salto sia spettacolare, formando una triplice cascata. Pochi metri più avanti raggiungiamo la seconda sosta, dove è presente un deviatore che non utilizzeremo. Donato ci illustra comunque il suo funzionamento. Indossiamo anche guanti da ferramenta, perché l'uso del discensore da torrentismo in assenza d’acqua può provocare ustioni alle mani.





















La roccia è di un calcare bianchissimo e, quando le vasche sono piene d’acqua, diventano cristalline e assumono tonalità davvero incredibili. Dopo una breve disarrampicata sui gradini, raggiungiamo la terza calata, un salto di roccia di pochi metri, molto levigato e concavo, simile a un cucchiaio, modellato dal continuo scorrere dell’acqua. 

















La quarta calata, di circa otto metri, e la successiva, di tre o quattro metri, simile alla precedente ma con sosta su un albero, scorrono veloci. Ora il letto del torrente cambia morfologia: da un acciottolato di piccola taglia si passa in prevalenza a grossi massi arrotondati e ammassati e il canyon diventa più ombroso.




Il sesto salto è il più spettacolare. Si tratta di un intaglio profondo e oscuro di circa quaranta metri su piano inclinato, addossato alla parete di sinistra. La sosta si allestisce a monte di un masso incastrato, sotto il quale è necessario passare durante la calata. Si giunge così alla base di un sifone, impraticabile in presenza di scorrimento per la sua estrema pericolosità. In tali condizioni si evita il passaggio scendendo dal lato destro, predisponendo la sosta sugli alberi. La settima calata attraversa una stretta e infida gola di rocce levigate e massi incastrati, dove è necessario contorcersi, lasciare per un momento la corda e arrampicare sull’ennesimo blocco incastrato.

















Mentre il resto del gruppo completa le manovre, Gabriele si porta avanti per allestire l'ottava sosta su una cengetta. Il salto è di circa sette metri e corre di fianco uno stretto intaglio. Concludiamo con la nona e ultima molto simile alla precedente ma più corta. L’uscita dalla forra si rivela piuttosto impegnativa. 




Lasciamo il torrente e risaliamo faticosamente una ripida pendice boscosa fino a intercettare un antico sentiero, tracciato dagli Enotri, che corre a mezza costa sul versante sinistro della gola. Da qui si aprono splendidi scorci panoramici sulle ardite guglie del Monte Giano e sul primo salto affrontato al mattino, che dall’alto si mostra in tutta la sua bellezza. Infine raggiungiamo le auto, chiudendo così l’anello.













Prima di salutarci, ci concediamo una meritata Peroni (e una gassosa) al centro sportivo Serraduvo, dotato di una splendida piscina e di un campo da tennis. Dopo la lunga, impegnativa e affannosa discesa del canyon del Galatro nel 2020, questa è la seconda forra fossile che percorro. Con Gabriele ci siamo promessi di tornare ad aprile, per discenderla con scorrimento d'acqua dove lo spettacolo naturale sarà ancora più suggestivo. Allora non ci resta che dire: alla prossima!




Scarica la traccia gpx 




domenica 10 agosto 2025

Torrente Jannello discesa integrale

 

Dopo la discesa della parte alta del torrente Jannello la scorsa estate, auspicai una ripetizione per l'anno successivo, ma questa volta in versione integrale. Il mio obiettivo era anche quello di rifare il video andato perduto a causa dell’apertura della custodia impermeabile della mia action cam e il distacco della memory card provocato dall’impatto in acqua dopo un tuffo da un’altezza considerevole, con irrimediabile perdita di tutti i dati. Quest’anno, dunque "stessa spiaggia, stesso mare" ma con variazioni sul tema.




Il whatsapp ricevuto da Roberto, organizzatore della “gita”, lo scorso 26 giugno, sancisce il ritorno in questa splendida forra: “Ciao, il 19 luglio ho prenotato il torrente Jannello, percorso completo (integrale)”. Si torna quindi a ripercorrere le acque di questo gioiello incastonato nella leggendaria Valle del Lao, insieme a un gruppo di appassionati che condivide la stessa passione per un’esperienza all’insegna del divertimento con un pizzico di adrenalina.




Con noi ci sono Massimiliano del Soccorso Alpino che ci darà manforte e tra i partecipanti, un giovanissimo accompagnato da suo zio Francesco, istruttore di canoa e kayak. Il ragazzo si distinguerà per coraggio e disinvoltura, tuffandosi senza esitazione dalle due cascate più alte, in particolare da quella finale, nota come "la Cascata del Toro", una vertiginosa parete d’acqua di ben 11 metri che conclude il percorso. Alle 9.40 ci ritroviamo tutti e nove allo svincolo di Laino Borgo, proprio come l’anno scorso. La logistica è la medesima, ottimizzare l’uso delle auto navetta, da lasciare all’ingresso e all’uscita del fiume. Una volta raggiunta la località di partenza, indossiamo mute, caschetto e imbrago e ci avviamo a ripercorrere lo stesso itinerario dello scorso anno.




Iniziamo con un avvicinamento di circa venti minuti, seguendo un sentiero poco marcato che si snoda attraverso una foresta fitta e rigogliosa tipica degli ambienti fluviali. Proseguiamo poi costeggiando e guadando lo stesso tratto del torrente, fino ad entrare definitivamente in acqua. Dopo un briefing preliminare comincia la discesa vera e propria. Dopo pochi metri un mancorrente piazzato lungo una parete laterale che ci aiuta a superare una piccola ansa, ci introduce al primo salto di sette metri circa, che ci deposita in un’ampia vasca cristallina. Ho modo di testare, per la prima volta il discensore da torrentismo chiamato “oca”, un’evoluzione del classico otto.




Poco dopo raggiungiamo il "celebre" salto da dieci metri tuffabile, lo stesso dove un anno fa "esplose" la mia action cam. Questa volta scelgo di calarmi lungo il lato destro, mentre qualcun altro si esibisce in un plastico tuffo a candela. Dopo un tratto orizzontale, si raggiunge un passaggio obbligato attraverso un angusto cunicolo. Superati poi alcuni piccoli salti, si incontrano due divertenti toboga consecutivi di un paio di metri. Più avanti, ci si deve tuffare da una cascatella di quattro o cinque metri ma questa volta mi assicuro che alla videocamera non accada nulla nell’impatto. A questo punto si conclude la parte alta del percorso e ha inizio il tratto nuovo. Si parte subito con un toboga bello tosto, alto circa sette, otto metri, che preferisco evitare calandomi invece sul lato destro (sinistra idrografica). Poco più avanti si incontra un altro scivolo, questa volta più tranquillo ma altrettanto divertente, che si snoda tra un suggestivo sistema di piccole cascate davvero incantevole.




In questo tratto del torrente si attraversano angoli molto suggestivi, dove i muschi ricoprono di un verde vellutato le pareti laterali. Nei punti in cui il corso d'acqua si allarga, fanno la loro comparsa felci e capelvenere, specie tipiche degli ambienti umidi e ombreggiati. Crescono anche piante di farfaraccio maggiore, con grandi foglie cuoriformi che possono raggiungere il mezzo metro di diametro, aggrappate alla roccia umida a ridosso dell’acqua. Le loro ampie lamine fogliari ombreggiano il suolo, riducendo l’evaporazione e contribuendo a creare microambienti ideali per muschi e piccoli invertebrati.



















Camminando tra splendide marmitte, si giunge a un altro salto, questa volta di pochi metri. Superatolo, si entra in un’area dominata da enormi massi ricoperti di muschio, che fanno da preludio al momento clou della giornata, una maestosa cascata che presenta un fragoroso salto di 11 metri che alcuni del gruppo hanno l'ardire di affrontare con un adrenalinico tuffo. Io invece mi calo lungo il margine sinistro del getto d'acqua.




Solo dopo essermi allontanato nuotando di dorso nell’ampia vasca, realizzo di trovarmi proprio davanti all’imponente cascata del Toro, la stessa che fotografai nel lontano 2007. All’epoca, dopo aver risalito un tratto del torrente in acquatrekking, mi venne indicato un piccolo sentiero tra la vegetazione, che conduceva a un punto da cui ammirare la cascata e la sua spettacolare pozza cristallina. Probabilmente si trattava dello stesso sentiero utilizzato oggi per l’uscita dal corso d’acqua. In ogni caso, non avremmo potuto concludere al meglio questa straordinaria discesa, in uno dei torrenti più integri, suggestivi e incontaminati dell’Italia meridionale.