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domenica 7 dicembre 2025

Anello Lungro Serra di Mezzo e prima neve

Domenica 23 novembre mi unisco al gruppo CAI di Castrovillari per un’uscita che mi attira particolarmente: la salita al monte Caramolo da Piano Campolongo, passando per Serra Cuparelli. Dopo circa 25 anni avrò l’occasione di ritornare su quello che è considerato uno dei balconi più panoramici del Pollino. Il giorno prima però l'irruzione di una veloce perturbazione con carico d'aria gelida proveniente da nordovest porta copiose nevicate a partire dai 1100 m, un anticipo d'inverno a tutti gli effetti. Questo scenario sorprende un po' tutti i 14 partecipanti e costringe gli organizzatori, Pierre e Pasquale a passare al piano B. Il punto di ritrovo è la piazza principale del borgo arbëresh di Lungro dove sorge la cattedrale di San Nicola di Mira, conosciuta come Kisha e Shën Kollit. E' la principale chiesa dell'eparchia di Lungro, sede della Chiesa italo albanese per la Calabria e l'Italia continentale dal 1919.















Da lì ci spostiamo in auto per alcuni chilometri verso contrada Vena dove parcheggiamo. Partendo da 736 m di quota cercheremo di raggiungere in tal modo la nostra destinazione dal versante est evitando le strade innevate più in alto. Gli organizzatori però decidono che a causa del meteo poco conciliante, della distanza e il dislivello maggiore da colmare, non saliremo sulla vetta del Caramolo. Ci fermeremo probabilmente solo su Serra Cuparelli. In effetti arrivati in località Porticelle inizia a piovere copiosamente scoraggiando il gruppo a proseguire. Pero' dopo una ventina di minuti il forte vento in quota spazza via nuvole e pioggia facendo comparire anche il sole. Si prosegue.




Abbiamo modo di esplorare un'area del Pollino poco nota e scarsamente frequentata su sentieri aimé molto fangosi per la presenza di numerose sorgenti affioranti e acquitrini sparsi. La nostra guida, il buon Pierre ci illustra che stiamo ripercorrendo una delle antiche vie istmiche risalente agli antichi greci che collegavano la città jonica di Sibaris a Laos sul Tirreno. L'area ha di conseguenza una valenza notevole dal punto di vista archeologico per la presenza di numerosissimi insediamenti rupestri.




Lungo il torrente Tiro furono rinvenute tombe e vari reperti riconducibili a piccoli insediamenti italici o magno greco, bizantini e normanni. Quindi il territorio di Lungro non fu solo borgo medievale arbëresh, ma molto prima ospitò comunità antiche, con relazioni economiche e culturali complesse. Furono scoperte anche fondazioni di chiese, celle monastiche e piazze attribuiti ai "Greci del Tiro" che risalirebbero a un'epoca ben precedente l'arrivo degli albanesi arbëresh. Ci sarebbe dunque una continuità religiosa spirituale che risale a molti secoli fa.













Altro importante motivo di interesse è la presenza dei resti di una stazione di scambio utilizzato durante il massiccio disboscamento dei primi del novecento condotto dalla società tedesca Rüeping. Attraverso teleferiche e piccole ferrovie forestali a scartamento molto ridotto dette “Decauville”, i tronchi arrivavano a questa stazione e trasferiti alle segherie situate in località Zoccalia di Saracena per la lavorazione, e da lì fino alla stazione ferroviaria per l'imbarco o spedizione alla cartiera di Spezzano Albanese e al porto di Sibari. Notevole anche la biodiversità forestale presente in quest'area, tra le più ricche d'Italia, con numerosi alberi selvatici da frutta, le immancabili faggete, castagni, cerri, roverelle, querce, tassi, aceri montani, ontani napoletani, nonché un ricco sottobosco contraddistinto da agrifoglio, rosa canina, ginestra, felci varie e funghi abbondantissimi.




Procedendo verso il nostro punto più elevato, corrispondente alla Serra di Mezzo a quota 1.295 m, nota anche con i toponimi Cernostasi o Pini Marcianti, raggiungiamo un’area caratterizzata dalla presenza, nelle zone più ombrose e fresche, di splendidi nuclei sparsi di rimboschimenti di Abete bianco. Qui gli alberi appaiono decisamente più in salute rispetto agli esemplari, spesso isolati, che si incontrano sul versante lucano del parco, in località come Serra di Crispo, Madonna di Pollino e il bosco di San Francesco. Con la prima neve caduta il giorno precedente e gli abeti bianchi ci troviamo così immersi in uno scenario incantevole, un angolo di Norvegia nel Parco del Pollino.




Purtroppo, l’orario, il forte vento, il nevischio e i nuvoloni minacciosi in quota spingono gli organizzatori a rinunciare anche al proseguimento verso Serra Cuparelli. Sarà per un’altra volta, ma va bene cosi. Lungo la via del ritorno, da un pianoro dominato da una maestosa quercia, si apre un panorama superbo su Saracena, con il Dolcedorme innevato che svetta sullo sfondo visto da un’insolita prospettiva.




Infine, concludiamo la giornata concedendoci un momento di convivialità in un bar del paese, consumando il pranzo al sacco, sorseggiando del vino portato da qualche socio o una fresca birra, e gustando il dolcetto finale offerto da Carla, la nostra presidente. Dopo questa giornata decisamente invernale, l’autunno si riprende subito lo scenario meteorologico. Non ci resta che attendere la nuova stagione invernale, nella speranza che ci regali belle soddisfazioni.




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sabato 15 novembre 2025

Timpa di San Lorenzo via “Finte Clessidre” Cresta delle aquile parziale Anticima quota 1220 e discesa dalla parete est


Domenica 2 novembre si va nel favoloso mondo di roccia della Timpa di San Lorenzo, "dove non osano neanche le capre", montagna aspra e selvaggia capace di proiettarti ai confini del mondo grazie alla sua bellezza ruvida e primordiale. Raggiunto il passo del Bifurto in auto l'impatto visivo sull'areale delle Timpe è impressionante. Ma ciò che sorprende di più è proprio la morfologia straordinaria e inusuale della Timpa di San Lorenzo, un colossale lastrone di roccia inclinato e sollevato lateralmente da forze immani. Vista da sud è come se fosse stata tranciata di netto da una gigantesca scure facendo ben risaltare la sua strapiombante parete ovest alta 850 m. Tra le formazioni più iconiche del Pollino combina bellezza geologica, panorami profondi e sensazione di contatto con l’immenso. Chi arriva in vetta o lungo la cresta può godere di vedute profonde sulle gole del Raganello, sulle montagne circostanti e sulle vaste faggete a perdita d'occhio.





La sua ascesa, nonostante abbia un’elevazione di "soli" 1652 m. non è per niente semplice. Il suo crinale noto come "Cresta delle Aquile" è lungo, esposto, richiede esperienza, buon allenamento, e non è adatto a chi soffre di vertigini. Escludendo la meno impegnativa via normale che si intraprende da Colle di Conca, i pochi labili camminamenti presenti sono tutti dei severi fuori sentiero che si insinuano tra cenge esposte, rocce impervie, lisci insidiosi, frane imponenti, leccete intricate e ghiaioni scivolosi. In tutto ciò sul settore meridionale della parete est spiccano due vie d’arrampicata multipitch, che rappresentano un vero valore aggiunto all’intera area.





Quella di sinistra,aperta da Fabio Minerba nell’autunno del 2009 e ripetuta da me e dal mio compagno di cordata Pasquale nel 2013 è stata battezzata “Via delle Finte Clessidre” ed è molto bella e singolare. Mentre da lontano appare come una gigantesca colata di cemento, da vicino la roccia è tutta bucherellata per la presenza di quelle che sembrano clessidre, ma in realtà si tratta di nicchie, canalette e cavità carsiche superficiali, piccole karren o scannellature dovute all'erosione. Solo in pochi punti se ne trovano di vere, utilizzate per le soste o per i rinvii. La relazione le attribuisce uno sviluppo di 225 m e una difficoltà massima di IV- (4b) suddiviso in 8 tiri unificabili fino a portare le lunghezze a 5 obbligate. Noi invece ne facciamo 6 discostandoci per alcuni tratti dal tracciato originale, tenendoci a sinistra nel primo tiro e sconfinando al termine del quarto tiro nell’altra via,”Thank Climber’s” per rientrare subito in Finte Clessidre.





Si parte dalla masseria Armentano in una giornata splendida e moderatamente calda. Già da subito tiriamo fuori corda e materiale e ci imbraghiamo, visto il breve avvicinamento. Scendiamo lungo la strada acciottolata con balaustra in legno che porta alle gole di Barile. Dopo un centinaio di metri l'abbandoniamo deviando verso destra nel ghiaione e puntando alle visibili prime placche compatte che salgono verso la cresta sud est. Individuata la prima sosta posta a una decina di metri dall'attacco partiamo con i tiri, uno dopo l'altro fino al sesto e ultimo dove la via muore per mancanza di roccia arrampicabile. A questo punto in gergo si dice "fine delle difficoltà", ma in realtà da adesso ne incontreremo altre, di diverso tipo. Infatti, al termine della via, invece di effettuare le calate in doppia per scendere, preferiamo continuare per compiere un giro ad anello.





Pertanto proseguiamo la salita tra la vegetazione e a tratti arrampicando su grossi massi compatti che oppongono difficoltà di I e II grado. E qui introduco il concetto di "scrambling". Il termine indica una salita tra escursionismo impegnativo e arrampicata, dove si usano mani e piedi per progredire, ma senza bisogno di corde o imbraghi. È più difficile di un sentiero escursionistico, ma più facile di una vera arrampicata. Tutto ciò fino a raggiungere gli immani blocchi rocciosi della cresta sud est che si affacciano sul baratro della parete sud ovest. Qui ci meritiamo una lunga sosta con panorama incredibile sulla dirimpettaia spettacolare Timpa di Cassano, sulla Fagosa che mantiene ancora i colori autunnali e sulle sottostanti vertiginose gole del Raganello. Conquistata la cresta il nostro obiettivo non è il raggiungimento della lontanissima vetta perché la distanza e le poche ore di luce renderebbero complicata la delicata discesa nella via del ritorno. Ci fermeremo invece alla prima Anticima quotata 1220 m. che raggiungiamo seguendo il filo di cresta arrampicando ora tra placche e cenge molto inclinate ed esposte, ora aggirando nel bosco di lecci.





Una volta raggiunta cominciamo subito a scendere, seguendo un tracciolino segnato sulla mappa ma che indica soltanto un percorso meno verticale e pericoloso che conduce alla base della parete est. Nonostante si cerchi il percorso meno disagevole, aimè ci tocca procedere su terreno accidentato e scosceso attraversando infiniti ghiaioni, lisci e faglie a cui prestare attenzione ad ogni passo, districandoci di tanto in tanto tra gli immancabili lecci. Dopo una bella ravanata guadagniamo una sterrata che muore a ridosso di terreni ben recintati. Per risparmiare un paio di chilometri di strada asfaltata tagliamo tra i campi coltivati scavalcando qualche recinto fino a intercettare la rotabile che ci conduce al punto di partenza.





Si tratta di un percorso completo e difficile ma di grande soddisfazione che racchiude in realtà più di una attività e che non poteva terminare senza l'immancabile birra al bar ristorante Pino Loricato di San Lorenzo Bellizzi. Sorseggiata all'esterno ci godiamo lo spettacolo del sole che tramonta proprio dietro le nostre magnifiche Timpe...laddove "non osano neanche le capre".





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