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domenica 24 maggio 2020

Da Colle Marcione alla Manfriana Occidentale



Sono trascorsi tre mesi dall’ultima uscita prima che il Covid irrompesse nelle nostre vite. Ci eravamo lasciati con la frase di Khalil Gibran, dal sapore velatamente amaro ma non privo di ottimismo: “Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte”. Direi che ci troviamo nella fase in cui la luce appare nel cielo poco prima del sorgere del Sole e per adesso va bene cosi.



Nel frattempo sono cambiate molte cose e tanti pensano che la nostra vita non sarà più come prima. Altri sono convinti che prima o poi tutto passerà e ritorneremo alle vecchie abitudini. Il tempo sana anche le ferite più profonde, ma, ne sono convinto, il dramma di tante vite spezzate, di persone che hanno perso il lavoro e che faranno fatica a ripartire, gli strascichi umani, psicologici e fisici che il virus ha lasciato, rimarrà in noi come una terribile cicatrice difficile da rimarginare completamente.


Finalmente, rieccomi qua. Mente, cuore e gambe fremono dalla voglia di ripartire con rinnovato entusiasmo. In particolare ho intenzione di salire sulla Manfriana, un luogo così caro agli antichi greci, che forse più di altri riesce a trasmettere sensazioni amplificate all’ennesima potenza di spazi aperti, orizzonti sconfinati, e voglia di libertà, ciò di cui ho bisogno adesso.




Percorrerò in solitaria la “Via dell'Infinito”, la cresta rocciosa che si sviluppa lungo tutto lo spartiacque calabro che dalla Timpa del Principe raggiunge il Monte Manfriana. Di regola comprende anche il tratto di cresta che giunge fino al Dolcedorme, ma essendo decisamente lunga e faticosa, da qualche tempo gli escursionisti la interrompono anche al solo monte Manfriana. In ogni caso si tratta di un fantastico itinerario aereo a cavallo tra le valli del Coscile e del Raganello ricche di storia, soprattutto riferite alla Manfriana, antico insediamento di origine greca legato alla via istmica che collegava Sibari con le città lucane.I massi squadrati che si trovano in cima ne sono la testimonianza.

Visto il clima caldo e afoso di oggi voglio evitare la parte iniziale originale della Via dell’Infinito che parte da Colle San Martino, una bella rampa tutta su pietraia completamente scoperta ed esposta al sole che porta in direttissima a Timpa Principe transitando da Colle della Scala. Salirò invece dal più fresco versante nord est per il sentiero di Colle Marcione che cammina quasi interamente all’ombra dei faggi.




Mi avvio lungo l’ IPV 5 che raggiunge Piano di Ratto Piccolo e successivamente, piegando decisamente a sinistra ad un bivio, va a intercettare il CAI 941. Il sentiero, molto evidente e ben segnalato sale comodamente attraverso alcuni tornanti e qualche traverso uscendo in cresta nei pressi della prima cima di Timpa del Principe. L'uscita è segnalata da un omino di pietra che serve ovviamente come segnale per identificarne l’ingresso al ritorno.



Si incontrano magnifiche fioriture di timo, vulneraria montana, bocche di leone, asfodeli bianchi, orchidee di varie specie e tante altre che tappezzano il Parco in questo periodo in un autentico tripudio di colori. E' la primavera sul Pollino nella sua massima espressione. Riesco anche a rinvenire due esemplari di “orchidea neottia”, o “nido d'uccello”, una pianta priva di clorofilla. Questa orchidea ha i colori tipici dell’autunno, giallo bruno in tutte le sue parti, ed è appunto priva di parti verdi. Non compie dunque fotosintesi ma ricava i nutrienti necessari alla propria sopravvivenza grazie alla simbiosi con un fungo sia a livello delle radici che a livello delle cellule più superficiali dello strato corticale della porzione ipogea.



Purtroppo lungo il sentiero mi trovo a combattere con nuvoli di zanzare formato maxi che tormentano le mie braccia scoperte. Proseguo piuttosto velocemente e dopo un'ora e mezza raggiungo la cresta. Da questo punto il panorama è mozzafiato in tutte le direzioni. Lato Raganello lo sguardo corre dalle Timpe Rocciose abbracciando l'intera Fagosa fino alle vette lontane di Serra Crispo, Ciavole e Dolcedorme. Lato Coscile, si domina la conca di Castrovillari, la Piana di Sibari fino allo Jonio. Rifacendomi ad un passaggio del film “Aspromonte, la terra degli ultimi”, “c’è il mare, c’è la montagna, c’è il silenzio”. Peccato soltanto per la luce che non è delle migliori a causa di una densa patina afosa di scirocco che insiste da vari giorni e che rende il paesaggio offuscato.



Dall'omino di pietra ai 1741 m di Timpa del Principe è una piacevole passeggiata tutta in piano. Dal suo culmine arrotondato si gode una splendida visione sulla Manfriana che ora si svela per intero. A destra sorge invece il Dolcedorme con le sue aspre e dirupate pareti meridionali. Bisognerà adesso scendere di quota verso Passo del Principe dove compare un curioso monolito posto a baluardo di questo mondo di roccia brullo e misterioso. Più avanti raggiungo i due piccoli culmini dell’appuntita Serra di Malaverna che si oltrepassa agevolmente da destra in un sentiero immerso nei faggi, provvidenziale riparo all'ombra per recuperare energie quando fa molto caldo.



Uscito con disinvoltura dalla Malaverna incontro i resti di archeologia industriale che testimoniano un periodo triste per il Pollino: i cavi metallici arrugginiti e vecchie palificazioni delle teleferiche usate dalla Rhueping negli anni trenta del secolo scorso per il taglio massiccio e indiscriminato operato in queste maestose foreste.



 



































Ora davanti a me ho solo la Manfriana, con la cima orientale alta 1981 m. che si innalza ripida e rocciosa dalla forma piramidale. La mia meta è invece l’altra vetta, quella occidentale di poco meno elevata, spostata verso sud ovest. Essa rispetto alla cima gemella presenta una morfologia diversa sviluppandosi come una cresta oblunga raggiungendo l'elevazione massima di 1955 m. Dal punto più alto degrada gradualmente verso il Passo del Vascello in un continuum con il più lontano Crestone Est del Dolcedorme. In mezzo vi è l'Afforcata, la caratteristica depressione che separa le due vette con le sue pareti verticali che emergono dalla faggeta sottostante e sulle quali allignano alcuni pini loricati.



La risalita avviene prima lungo la spalla est lambendo i faggi dell’Afforcata per piegare decisamente verso nord al termine d’essa. Ora in un divertente saliscendi, tra roccette e fitti boschetti di faggio raggiungo finalmente il culmine massimo della Vetta Occidentale per proseguire ancora fino al punto in cui il filo di cresta comincia a degradare verso il Passo del Vascello. Spettacolare il panorama che si apre da questo belvedere verso il Dolcedorme col suo maestoso crestone orientale che si innalza fino alla vetta lontana.


E’ curioso osservare invece la dirimpettaia vetta Orientale della Manfriana dove cerco di scorgere a occhio nudo i famosi massi squadrati depositati e sparpagliati più in basso della cima. Purtroppo non riesco a distinguerli se non dopo aver zoomato con la macchina fotografica. Ammirando questo magnifico panorama la voglia di proseguire lungo la Cresta dell’Infinito verso il Dolcedorme ti viene. Sarebbe stata la terza volta, l’ultima nel 2007 ma lo stop forzato di tre mesi, il caldo e i pochi liquidi da bere che rimangono mi fanno giustamente desistere. Sarà per un’altra volta.


 




































Ultima nota cromatica, durante il ritorno in auto verso il paese di Civita mi trovo immerso dalle fioriture di ginestre in un incantevole mare di giallo che tutto avvolge. In questo ambiente arido mediterraneo esso trova la sua massima esplosione. E dopo la lunga cavalcata di oggi è sicuramente il modo più bello e suggestivo per coronare questa fantastica ed appagante escursione.



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