L’escursione di oggi,25 Ottobre
parte dalla periferia di S.Sosti e
assume già dal principio le caratteristiche di una ascensione particolarmente
impegnativa e dura.Ciò a motivo del notevole dislivello da
colmare,ben 1222 m. impostoci dall’impossibilità di percorrere la sterrata che
porta al pianoro di Casiglia senza mezzi
fuoristrada, che ci avrebbe permesso di raggiungere l’attacco molto più in
alto.
E’ d’obbligo fornire qualche cenno su S.Sosti vista l’importanza storica
archeologica che riveste il borgo. Di origine greco-bizantina, sorge a 363
metri sopra il livello del mare.ed è situato alle falde del gruppo montuoso
della Mula, settore sud-occidentale del Pollino , al centro di una ampia conca
boscosa dove si apre la valle del torrente Rosa. Nasce come comunità di
fuggiaschi ed emigrati che trovarono asilo presso il Santuario Basiliano di San
Sosti .Ogni anno è meta di centinaia di pellegrini che raggiungono il santuario
della Madonna del Pettoruto situato in una zona incantevole dal punto di vista
paesaggistico.
La valle del fiume Rosa era una antica via istmica che consentiva gli scambi commerciali tra le città greche di Sibari e Laos,quindi tra Jonio e Tirreno. L’importanza strategica del luogo è suffragata anche dalla presenza del Castello della Rocca , un articolato complesso fortificato d’età medioevale collocato su una strapiombante rupe rocciosa a m. 550 s.l.m. che domina la gola del torrente Rosa . La rocca nasce probabilmente già nell’XI secolo d.C., come provano i rinvenimenti monetali di età bizantina e cessa la sua funzione nella seconda metà del XIII secolo.Ebbe una funzione di vigilanza della via istmica denominata in questa fase storica “Via del sale”,perché attraverso di essa veniva trasportato sui porti del Tirreno il salgemma dalla miniera di Lungro.
S.Sosti è nota soprattutto per il ritrovamento nel 1846 in località Casalini di Porta Serra,di un’ascia votiva in bronzo, notissima agli epigrafisti per la dedica in dialetto dorico,iscritta in caratteri achei da Kyniskos Ortamos,importante funzionario della misteriosa città di Artemisia.ad Hera,moglie di Zeus,regina del cielo.In questa località pare esistesse infatti,un tempio a lei consacrato.Dunque una valle ricca di storia e intrisa di spiritualità.
Veniamo all’escursione. Si parte alle prime luci dell’alba partendo dal selciato che conduce al castello della Rocca. Prima di raggiungerlo,sulla destra si stacca un sentiero che risale l’erta scoscesa in direzione della rupe detta “Due dita”.La via fa parte del sentiero “Italia”ben segnalato e tracciato dai soci del cai.Nelle prime ore del mattino i caldi raggi di sole investono in pieno tutta la valle rivelandone la sua selvaggia e primitiva bellezza. Procedendo in un andirivieni di tornanti che si incuneano nell’ampia montagna , raggiungiamo Casiglia,dove sorgono alcuni rifugi in legno,purtroppo in completo stato di abbandono e una fonte per far provvista d’acqua. Fa da contraltare a questo già suggestivo scenario la Montea,splendida montagna dalle creste aguzze e dal profilo alpestre.
Al bivio per Piano di Marco ove
prosegue il Sentiero Italia, svoltiamo a sinistra per il sentiero che sale al
Campo di Annibale,ampio pianoro circondato dalle cime della Mula,della
Muletta,della Serra Scodellaro e di Cozzo Fazzati dove si pensa che Annibale si
sia accampato. A primavera è possibile ammirare nei paraggi favolose fioriture
di peonie “pellegrina” e “mascula,specie endemiche e rare dell’Appennino.Il
nostro cammino è deliziato comunque dalla presenza di qualche agrifoglio e da
una diffusa fragranza di timo.
Dopo aver aggirato il Cozzo della Civarra,abbandoniamo
la sterrata e ci immettiamo sul costone a sinistra fino a sbucare su un piccolo
promontorio da dove si gode una vista mozzafiato sulla valle del Rosa e sulle
alpestri cime di Montea. Prima di raggiungere questo primo punto panoramico avvistiamo
due esemplari di Capreolus italicus che accortisi della nostra presenza si
lanciano impauriti verso la pendice scoscesa perdendosi alla nostra vista. Più
avanti un simpatico scoiattolo nero risale fulmineamente il tronco di un albero
e osservandoci circospetto si mette a saltellare da un ramo all’altro. Questi
avvistamenti ben rivelano la natura selvaggia e scarsamente antropizzata di
questi luoghi meta soltanto di rarissimi escursionisti che conoscono bene la zona.
Risalendo ora tra le rocce,ora per una traccia di
sentiero,ora orientandoci a vista nel folto del bosco raggiungiamo la “Pietra
dell’Angioletto”,maestosa e solitaria. Si tratta di una protuberanza rocciosa a
1265 m.che emerge dal costone sovrastante il torrente Rosa in territorio di
S.Sosti .Pare che il toponimo derivi da Angioletto, un giovane pastore
precipitato appunto nel dirupo sottostante. I locali attribuiscono però il
toponimo non alla Pietra in questione ma allo strapiombo roccioso dirimpetto ad
essa,chiamandolo “a tagghiata’i Gangiulìaddu”(la “tagliata di
Angioletto). Dalle sue pareti precipiti spuntano pini loricati pensili disposti
orizzontalmente ,davvero uno spettacolo più unico che raro.
Il difficile deve ancora venire. Iniziamo a risalire
l’aderta pendice che porta in cima allo Scodellaro (1586 m.),inizialmente
superando alcune placche lisce,aggirando poi altre facili roccette da destra,e
successivamente risalendo con fatica la dura rampa di nuovo nel bosco.Il
problema adesso sta nell’individuare l’attacco della cengia che taglia in
diagonale la parete rocciosa e che unisce tra loro la cresta dello Scodellaro e
quella del Cozzo Fazzati.
Siamo costretti a raggiungere quasi la cima di Serra
Scodellaro per avere maggiore visibilità,infatti sbucando dalla vegetazione
riusciamo ad individuare molto più in basso quello che sembra l’attacco della
cengia ben nascosto nel bosco.In breve lo raggiungiamo e a fare da guardia vi è
una grotta caratteristica e piuttosto profonda. La cengia è facilmente
percorribile facendo attenzione in alcuni punti ma il paesaggio è maestoso. Davanti
si erge lo spuntone della Pietra dell’Angioletto,la cresta aderta che risale da
essa e i profondi dirupi che precipitano in un saltopauroso verso il Rosa.
L’uscita della cengia interseca così la cresta
rocciosa che scende da Cozzo Fazzati.Ora per raggiungere un fantastico
belvedere dobbiamo fare il sacrificio di scendere per un centinaio di metri su
un balcone naturale fatto di strane lastre di roccia calcarea disposte una
sopra l’altra. Sembra che qualcuno ve le abbia sistemate apposta. Quì il
paesaggio si apre ancora più maestoso sulla spettacolare Montea da dove si
riesce ad abbracciare con un colpo d’occhio l’intero versante Nord. Lo scenario
è grandioso e superbo.
Dopo le foto di rito ci tocca risalire l’aderta cresta
rocciosa che andrà poi a ricongiungersi 200 metri più su con gli scoscendimenti
della Serra Scodellaro.Durante la dura salita siamo costretti a superare in
arrampicata due paretine rocciose di alcuni metri con difficoltà II+.Passato il
peggio,il cammino diviene più facile e agevole raggiungendo così in breve la
vetta della Serra Scodellaro.
Finalmente la meritata sosta, il dovuto riposo
consumando una sobria colazione e godendoci al contempo il paesaggio del
versante Nord dove lo sguardo impatta verso il gruppo della Mula e Muletta con
il Vallone Zoppatura giù in basso. Davvero una splendida balconata questa Serra
Scodellaro. Scendendo lungo il pendio boscoso incrociamo
la pista sterrata che porta a Casiglia,e da li a S.Sosti per chiudere questo
spettacolare anello.
1 commento:
Grande racconto!come sempre....ciao e alla prossima
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