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lunedì 22 marzo 2010

Il Canalone di Monte La Calvia



Il concetto di “wilderness”identifica ambienti non intaccati dalla presenza di segni e rumori dell’attività umana,….spiritualmente esprime il superbo gioco interiore di sensazioni,emozioni e sentimenti che quegli ambienti suscitano nell’animo.- La wilderness del Pollino – Mario Adda Editore,Bari









L'intera Valle dell’Abatemarco ,nel comune di Verbicaro rispecchia appieno ciò che il concetto di wilderness esprime. Mentre la si attraversa ci si rende conto di come questa porzione di territorio sia estremamente bella quanto selvaggia:foreste vergini e impenetrabili,valloni aspri e dirupati,luoghi ancora inviolati. Giunti all’ampio declivio della “Carpinosa”,dove termina la stradina asfaltata,caratterizzata da pascoli invasi di pietre,muri a secco e antiche casette anch’esse in pietra,ci si imbatte in un fantastico anfiteatro di vette,appartenenti al “Gruppo del Pellegrino”che con i suoi 1987 m. costituisce il massimo rilievo dei “Monti d’Orsomarso”,ovvero il settore sud-occidentale del Parco del Pollino. Da sinistra a destra i dirupi di Boccademone, Cozzo dell’Orso,Schiena di Lacchicielli,Cozzo del Pellegrino e La Calvia.Sotto le vette di questi ultimi rilievi si aprono due grandi ferite da cui scendono due ripidissimi canaloni-ghiaioni.

La risalita del canalone del Pellegrino costituisce una delle vie alpinistiche invernali tra le più impervie.E’ necessario infatti che sussistano le condizioni ideali per la sua ascensione:neve compatta o ghiaccio sul fondo e che dall’alto non si verifichino scariche di pietre o slavine. Diversamente,sarebbe proibitivo e pericoloso. Sul canalone che scende da La Calvia non ne sapevo quasi nulla. La letteratura escursionistica del Parco è muta e le testimonianze della gente del luogo sono piuttosto scarne e frammentarie.Soluzione:scalarlo.Si parte Lunedì 15 Marzo in una splendida giornata di sole. Le vette del Pollino tutt’intorno sono abbondantemente innevate. 

Per diversi motivi non riusciamo a partire presto com’eravamo abituati a fare e ci ritroviamo a muoverci zaino a spalla dalla Carpinosa soltanto alle 9.00.Contiamo però sulle ore di luce in più considerata l’esposizione ad Ovest di questo versante. Ben presto siamo alla biforcazione,a sinistra si innalza il canalone del Pellegrino,a destra parte lo sconosciuto e inesplorato ghiaione de La Calvia. Incontriamo molto presto la neve,abbondante ma compatta nel primo tratto,da affodare più avanti su uno spesso strato di grandine caduta i giorni precedenti dalla forma di piccoli pallini simile al polistirolo e poi come pallettoni. Per un lungo tratto nello zigzagare purtroppo affonderemo in una neve morbida. Il canale ha una pendenza costante di 40°,non eccessiva dunque ma la sua lunghezza (1000 m. di dislivello ca.)spezza le gambe e sollecita notevolmente i polpacci.La marcia è costante e progressiva,l’ambiente da sogno. 

Ci muoviamo in un paesaggio incantato fatto di rocce e ghiaccio e il chiarore di un sole fulgido e un cielo terso risaltano le forme tutt’intorno creando uno scenario più simile alla Scandinavia che al Sud Italia.Non si direbbe affatto di trovarsi nell’Appennino meridionale. Il canalone,molto estetico nella parte terminale si apre a ventaglio e dopo un paio d’ore di dura erta intravediamo finalmente l’uscita a 1830 m. ca. di quota proprio al di sotto della cima de “La Calvia”.In cresta la neve è molto alta e morbida,e colmare i 100 m. di dislivello per salire in vetta risulta problematico.

La nostra meta è raggiunta. Non ci resta che “precipitarci” giù per il canalone e in un’ora e mezza circa siamo di nuovo alla Carpinosa.Di fronte a noi il conico Monte Trincello si staglia fiero di guardia alla valle. Tutto straordinariamente bello,perfetto. La stanchezza è mitigata dalle sublimi visioni di oggi. La promessa è quella di ritornare a calcare ancora le selvagge terre di questa splendida valle.

martedì 9 marzo 2010

Prima solitaria invernale alpinistica su Monte Sellaro


Febbraio mese da dimenticare,che ha disilluso tante aspettative e dato un calcio a tanti progetti alpinistici invernali. Marzo sembra invece ridarci ciò che ci ha tolto Febbraio e si impone con un clima da metà Gennaio. Finalmente si va,dopo un mese e mezzo riesco a combinare qualcosa. Il mio compagno d’avventura però a causa di sopraggiunti motivi di lavoro mi dà forfait la sera prima e così decido di partire da solo. E’ l’occasione di compiere la prima solitaria invernale dell’anno. A casa mi affaccio dalla finestra e vedo con stupore che la neve si è fatta rivedere a quote basse (800,900 m) anche se si tratta perlopiù di una spruzzata,pochi centimetri(lo saprò dopo). Non disponendo di un mezzo fuoristrada decido di andare sul sicuro dirigendomi verso Cerchiara di Calabria per fare una sortita su Monte Sellaro,una splendida piramide dal profilo decisamente alpino,spettacolare balconata sullo Jonio.Ai suoi piedi sorge il santuario della Madonna delle Armi,meta ogni anno di migliaia di pellegrini. 

La via normale al Sellaro che si stacca proprio alle spalle del santuario è cosa facile anche se molto panoramica e allora decido di inventarmi qualcosa di diverso. Ormai è già da un po’di tempo che mi lascio guidare più dall’istinto che dalle cartine con i sentieri segnalati.Lascio l’auto al Passo del Bifurto,al bivio per la Madonna delle Armi. Appena sotto la strada vi è l’ingresso a una delle grotte più profonde d’Italia,l’Abisso del Bifurto che scende in verticale nelle viscere del Sellaro per ben 680 m. Decido di attaccare la cresta N,aerea e rocciosa senza seguire una direzione precisa, non conoscendo bene la morfologia di questo versante. Comunque il panorama verso Ovest è mozzafiato:si domina l’intera Valle del Raganello con le maestose timpe di S.Lorenzo e della Falconara che svettano facendo da contraltare ai versanti E del Dolcedorme,della Serra delle Ciavole e di Serra Crispo,spettacolo unico.

































La cresta ad un certo punto piega decisamente verso sinistra affacciandosi verso la parete Ovest del Sellaro. Mi ritrovo sugli impressionanti strapiombi che precipitano a valle. Mi fermo ad osservare bene e a riflettere sul da farsi e con lo sguardo cerco di tracciare una via lungo le cenge e i canali che costellano la parete. Unico problema è che non avendo portato alcuna attrezzatura per fare auto sicura, nella progressione devo valutare attentamente il percorso e la possibilità di tornare sui miei passi nel caso che una parete invalicabile mi sbarrasse la strada. Altra considerazione è il terreno sul quale mi muovo,un misto reso insidioso dal fresco manto nevoso,non ghiacciato , le forti pendenze dei canalini e l’esposizione dei passaggi.Tutto procede bene tra arrampicate su roccia e progressione nei canali,uno di questi molto bello stretto tra due strapiombanti pareti. Raggiungo la cresta Ovest che domina il Canale centrale. 


































Da qui in breve sono in vetta dove un forte vento da N,N-O spazza la neve presente sulla calotta sommitale della montagna. Il tutto è reso ancor più suggestivo alla vista del Mar Jonio e del Golfo di Sibari a sottolineare il felice connubio che c’è tra mare e montagna in Calabria.Il tempo di immortalare il paesaggio e mandar giù qualche barretta energetica e via verso il ritorno.Rifletto su questa piccola grande avventura e di come vada spesso a cercare il difficile nel facile. Forse è l’inevitabile caratteristica di noi alpinisti,forse è l’istinto,chissà….