“Colui che segue la folla non andrà mai più
lontano della folla. Colui che va da solo sarà più probabile che si troverà in
luoghi dove nessuno è mai arrivato”. (Albert Einstein)

Il Panno Bianco è una montagna rocciosa del
settore orientale del parco del Pollino ed è la cima gemella del monte Sellaro
che prende il nome dalla caratteristica forma di sella descritta dal valico tra
la sua cima e quella del Monte Panno Bianco. Costituisce l'avancorpo del
Pollino sul mare, poiché è la prima vetta con pareti verticali che spicca alla
vista guardando dalla costa jonica verso la montagna. Del gruppo del Sellaro fa
parte anche la Serra del Gufo, cima minore di 923 m dall’aspetto piuttosto
arrotondato ma che verso sud est presenta un versante più aspro.
Nonostante la quota di 1330 m del Panno Bianco non
sia eccelsa, dalla sommità si gode di una vista privilegiata sulle Timpe,
l’intero quadrante del monte Sparviere e sul Golfo e la Piana di Sibari. Le
cime più elevate del massiccio del Pollino sono invece occultate dalla mole del
Sellaro. Appare davvero maestoso mentre si percorrono con l’auto i tornanti per
raggiungere il borgo di Cerchiara di Calabria. Esso è solcato tra l'altro dal
profondo canyon della Gravina o Caldanello, spettacolare gola a forma di esse, fatta
di grossi strati a banchi con giunti netti dando l’impressione di un disegno
geometrico perfetto.
Alle pendici meridionali del Panno Bianco a 1015
m. sorge Il santuario di Santa Maria delle
Armi che è un complesso monumentale di origine medievale, meta da sempre di preghiera e di
pellegrinaggio. Il titolo
deriva dal greco Των αρμων (Tōn armōn) ossia "delle grotte,
degli anfratti".
Questo è stato il punto di partenza della mia
ultima uscita. Per motivi di lavoro la brevità dell’itinerario mi ha permesso
di conciliare le conseguenti esigenze di orario e chiuderlo entro il primo
pomeriggio.
A ridosso del santuario vi è il Diedro del
Panno Bianco da dove parte una breve via alpinistica attrezzata con difficoltà
che vanno dal III al IV°. Muovendomi però in solitaria e privo di attrezzatura
cerco un punto debole della parete per guadagnare la cresta. Provo a spostarmi verso
sinistra rispetto alla via risalendo un breve canalino che piega a destra ma negli
ultimi metri interseca l’ultimo tiro su roccia liscia con due spit presenti. Sono
costretto a desistere perché nonostante la difficoltà non sia eccessiva,
l'esposizione è alta. Scendo e dopo aver scavalcato un muretto con filo spinato
punto una crestina a gradoni di una quarantina di metri (II+).
Rimontato il crinale principale, ne seguo il
filo con attenzione fino a che muore a ridosso di una parete. Il passaggio più
comodo per superare l'ostacolo pare essere una placca liscia di IV-. Provo a
superarla ma a metà disarrampico perché non conosco il percorso e non so dove e
come termina. Aggiro di conseguenza da destra dopo aver fatto una bella rampa pietrosa
fino ad individuare uno spigolo con difficoltà minore (III-) rispetto alla
placca precedente.
Lo scenario è quello della macchia mediterranea
degli ultimi scampoli d'autunno. Incredibile il panorama che si apre sul mar
Jonio e la Piana di Sibari. Guardando ad ovest emergono invece le bancate
rocciose dello spettacolare Sperone del Naufragio, un paretone verticale alto
circa cento metri, estrema propaggine della cresta sud est del Monte Sellaro. Infine
questo tratto molto bello termina esaurendosi su terreni più facili dove si
apre una sorta di anfiteatro all’estremità del quale giunge un'altra cresta con
orientamento sud, sud ovest, molto estetica e convergente alla Sud.
Attraverso l'ampio pendio per intercettarla a
circa due terzi della sua lunghezza procedendo in facile arrampicata(II+). Giungo
ad uno spuntone roccioso sul quale è affissa una targa commemorativa in memoria
di Antonio De Rasis, caduto lo scorso anno nella tragedia del Raganello e Domenico
Bloise il “Biondo” stroncato da un terribile male con il quale avevo condiviso
in passato delle belle uscite in montagna. Entrambi facevano parte del soccorso
alpino Calabria.
Passo per uno stretto canalino facendo molta
attenzione (lo scorso anno qui è caduta una escursionista volando per 25 metri.
Il caso ha voluto che la sua corsa terminasse su un terrazzino altrimenti
avrebbe fatto un altro volo di 30 metri. S’è l’è cavata con traumi diffusi, qualche
frattura ma è sopravvissuta). Guadagno la sommità della cresta che ora assume un
andamento orizzontale e che raggiunge il culmine massimo dei 1330 m della cima
che da questo punto comincia a degradare dalla parte opposta, verso nord.
Il panorama si apre ulteriormente sulle due maestose
Timpe di S. Lorenzo e Falconara con le loro pareti verticali e il monte
Sparviere più a Nord. Sotto di me sorge il caratteristico borgo di Cerchiara di
Calabria con i suoi vicoli stretti. È arroccato a ridosso del canyon del
Caldanello e attorniato dai rimboschimenti del Parco della Cessuta, una
spettacolare oasi forestale di circa 600 ettari di bosco misto. “Cessuta” in
dialetto locale è il luogo delle querce, roverelle, farnie, lecci e cerri. Nella
seconda metà del secolo scorso questo versante è stato oggetto di un
rimboschimento selvaggio fatto di numerose specie estranee a questi luoghi.
Provo a scendere per la cengia che dà accesso
alla vetta ma mi trovo leggermente più avanti e per non tornare indietro
disarrampico per una decina di metri fino a prenderla. Essa porta alla sella del
Panno Bianco dalla quale giunge il sentiero proveniente dal santuario e conduce
al Sellaro.
A questo punto sarebbe auspicabile perfezionare
la via facendola integralmente, cioè senza aggiramenti, con un compagno di
cordata e attrezzatura alpinistica. Si tratterebbe in ogni caso di una via
alpinistica valutabile intorno al PD escludendo il Diedro del Panno Bianco ma
assolutamente logica. Con l’altra cresta che presa per intero potrebbe essere
un caso a sé, ne condividerebbe la parte finale fino in vetta.
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