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Attenzione: per alcune escursioni è possibile scaricare le tracce GPX in basso dopo il testo!!

mercoledì 8 ottobre 2025

Monte Alpi Sentiero panoramico Tra cielo e terra Cresta Ovest e tramonto su Santa Croce

In questo inizio settembre l’estate sembra non voler ancora cedere il passo e un'escursione pomeridiana sembra perfetta per raggiungere una cima in tempo per assistere al tramonto, quando il sole dipingerà l’orizzonte di fuoco.




Questa volta la meta è il monte Alpi lungo un anello suggestivo che feci la prima volta tre anni fa. Si tratta del "Sentiero panoramico Belvedere dei loricati" e "Tra cielo e terra " integrato con la salita lungo la cresta ovest che parte dal "Belvedere del giardino dei loricati" fino in vetta. In base al tempo a disposizione andremo ad ammirare il tramonto o da Pizzo Falcone o dalla cima gemella, il Santa Croce.























Con l'immancabile Pasquale partiamo sabato 6 alle 14.00 dalla località "Solarino di Iannazzo" a Latronico, nei pressi del celebre sito del "Pesce fossile". Purtroppo ci muoviamo proprio nelle ore più calde della giornata in cui l'afa contribuisce a creare condizioni ideali per mosche e tafani che ci tormentano durante il cammino. Il vento sostenuto lungo la cresta attenua un po' il disagio ma entrati nella bellissima faggeta tappezzata di ciclamini, i famelici insetti infieriscono al punto tale da costringerci a ricorrere a fruste di rametti di faggio per allontanarli.




Lungo il Sentiero Panoramico si possono ammirare le balze rocciose del versante occidentale del Monte Alpi, la valle del Sinni con il borgo di Latronico in evidenza, i monti La Spina e Zaccana, il lago di Cogliandrino e la maestosa mole del Sirino. L’unica preoccupazione, in vista del tramonto, è la nuvolosità di condensa pomeridiana che risale dalle vallate e inizia ad avvolgere le cime. Confidiamo però nell’inversione termica prevista in serata, che dovrebbe restituire cieli limpidi e sereni.




Ignorata la traccia che scende verso “Pie’ d'Alpi”, risaliamo la ripida pendice mantenendoci sul filo di cresta colmando faticosamente ben duecento metri di dislivello. Usciti dalla faggeta, ci accolgono nubi che corrono veloci sopra le vette, coprendole e svelandole a turno. Il paesaggio sembra giocare a nascondino con noi apparendo e scomparendo da un momento all'altro. La nebbia, avvolgente e mutevole, trasforma la montagna in un luogo sospeso, quasi irreale.




Nel nostro solitario e silenzioso procedere affrontiamo il lungo traverso del sentiero "Tra cielo e Terra", un esile tracciolino che corre su terreno roccioso, sconnesso e ripidissimo, tra creste e canali, fino a raggiungere il “Belvedere sul giardino dei loricati”.





Lo stop a questo ardito e singolare sentiero è segnato da un pino loricato che alligna solitario sulla cresta che risaliremo in libera. Adesso il percorso diventa più verticale opponendo difficoltà di I e II grado su roccia non proprio buona. Si tratta di un calcare a lastre sottili, instabile e che si sfalda. Insomma, un itinerario non adatto a tutti, ma per chi è avvezzo a questo tipo di terreno, non soffre di vertigini e che sappia mettere le mani sulla roccia.





















Dopo circa 150 metri di arrampicata piuttosto esposta in alcuni punti, l’inclinazione comincia a diminuire gradualmente, fino a raggiungere la panoramica cresta nordovest del Monte Alpi, che senza ulteriori difficoltà conduce in vetta al Pizzo Falcone (1901 m), dove pascolano placidamente due mucche e un toro che presidia con fierezza l’area sommitale.




















Raggiungiamo la cima alle 17.30, con largo anticipo rispetto al tramonto previsto due ore più tardi. Per non restare fermi tutto il tempo decidiamo di scendere lungo la cresta est e risalire verso i 1896 metri del Santa Croce, che tocchiamo alle 18.15. Il sole è ancora alto, ma l’attesa ulteriore permetterà all’alta pressione di ripulire il cielo dalla nuvolaglia che ci ha accompagnato per tutto il pomeriggio.




Data la sua esposizione a est, l’ho sempre ritenuta più adatta a contemplare l’alba, ma anche il tramonto, da qui, sarà sicuramente incantevole. Nell’attesa, approfittiamo per ammirare lo scenario che da questa cima si rivela superbo: a ovest svetta il Pizzo Falcone, con la sua inconfondibile forma di piramide perfetta, a nord si distende il Monte Raparo, piatto e simile a un cratere vulcanico, a sud si innalza il massiccio del Pollino con i monti di Orsomarso protesi verso il Tirreno. Infine, a est, il cono d’ombra del Santa Croce si allunga sulla valle del Sinni fino a raggiungere lo Ionio.




Nel frattempo le nubi iniziano a dissolversi e, spinte dall’inversione termica, si abbassano nelle vallate. Preludio magnifico al tramonto, che alle 19:20 vede il sole incendiare il cielo e calare poco a destra del Pizzo Falcone fino a scomparire dietro il Monte Papa.




Tutto bello, tutto perfetto, l’attesa ci ha premiati alla grande. Al termine, rientriamo lungo il T04, scendendo dal Santa Croce fino alla sella, dove a est sorge una argentea luna piena (il giorno seguente sarà eclissi totale). Da lì ci immettiamo sul sentiero che porta a Piana dei Provini, area in cui è consentito il campeggio. Infine, con le lampade frontali chiudiamo l’anello riprendendo la comoda sterrata che conduce a Iannazzo, raggiungendo l’auto alle 21:30.




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domenica 14 settembre 2025

Anello fiume Argentino Povera Mosca Varco della Gatta

 

Non bastano le parole per descrivere lo spettacolo che si incontra entrando nella suggestiva Valle del fiume Argentino, il cuore ecologico e anima selvaggia del Parco del Pollino, una delle aree "Wilderness" più vaste e affascinanti d'Italia, il regno del verde e dell'acqua. Ambiente integro e incontaminato, è un autentico laboratorio botanico a cielo aperto in quanto vegetano ben 846 specie botaniche, straordinaria testimonianza di biodiversità.



Affluente del fiume Lao, l’Argentino serpeggia tra fitti boschi, stretti canyon dalle pareti vertiginose, cascate scintillanti e acque gelide e cristalline che ospitano la lontra e la trota. Nel suo areale inoltre si muovono branchi di lupo e un buon numero di caprioli, qui considerati autoctoni, unica popolazione geneticamente pura di capriolo italiano.



La natura carsica ha scolpito nel paesaggio formazioni calcaree modellate dall'erosione, aerei e strapiombanti crestoni, guglie e pinnacoli come Castel Brancato e Corno Mozzo e dirupi vertiginosi come i Crivi di Mangiacaniglia e delle Falaschere. Un disordinato ventaglio di creste e abissi nei quali sopravvivono autentici giganti, faggi e pini loricati che si innalzano per venti, trenta metri. La valle dell'Argentino è a pieno titolo una delle perle nascoste della Calabria, un intreccio di natura incontaminata, storia e tradizioni. Per me, la foresta pluviale amazzonica immersa nei torrioni andini di Machu Picchu.

















Porta d'ingresso a questo mondo incredibile è il pittoresco borgo d'Orsomarso, arroccato in posizione panoramica e che dà il nome al versante sudoccidentale del Parco. Dal “Torrione dell'uomo lungo”, imponente monolito che sta a guardia della valle, una sterrata risale il fiume per cinque chilometri fino alla località "Povera Mosca". Quì, nella quiete solenne sorge lo storico rifugio ristorante "Montano" gestito da Oscar Dal Core, figura nota e apprezzata per la sua profonda conoscenza del territorio.



Dopo la forra fossile di Castelgrande desideravo acqua e fresco, visto le torride temperature di metà agosto. Con Pasquale e Damiano avevamo programmato già da qualche settimana la discesa del fiume Argentino, che mi mancava da ben 22 anni e finalmente, martedì 12 agosto arriva il giorno dell'escursione.



Essendo Riserva Naturale Orientata Statale, tutelata anche come Zona di Protezione Speciale, l’accesso in auto è consentito solo a chi raggiunge il rifugio o intende fermarsi a mangiare. In alternativa, il percorso può essere coperto a piedi (cinque chilometri all'andata e cinque al ritorno), o in mountain bike fin dove è possibile. Noi, previa prenotazione, abbiamo scelto l’auto.




Dal rifugio si parte alle otto in punto. Il primo tratto è un facile sentiero turistico, servito da una serie di ponticelli in legno che permettono di ammirare ruscelli, cascate e ruderi immersi nella vegetazione. La maggior parte dei visitatori si limita a percorrere la prima parte del sentiero o spingersi poco oltre, ma il nostro obiettivo è molto più ambizioso: compiere l'anello più lungo, completo e difficile ma allo stesso tempo appagante, raggiungendo in un percorso di torrentismo il "Varco della Gatta", un luogo selvaggio e di una impressionante bellezza, in cui le fiumarelle di Tavolara e Rossale si uniscono dando vita all'Argentino. Da lì avremmo seguito il corso del fiume in discesa fino a Pantagnoli, chiudendo così l’anello. Da precisare che il luogo è generalmente conosciuto come Varco della Gatta, ma il toponimo corretto secondo le carte Igm è ”Imbuto di Mare Piccolo".






Superata la sorgente di Pantagnoli il sentiero si restringe e prende quota fino a una paurosa frana di bianco calcaree sgretolato interessata da stillicidio d’acqua, che conviene attraversare rapidamente per la precarietà della parete che la sovrasta. Qui la vegetazione si apre offrendo una vista mozzafiato sul Corno Mozzo e altri torrioni aguzzi verso est. Dopo alcuni saliscendi nel bosco raggiungiamo un poggio panoramico da cui si ammirano Castel di Raione, Timpone Garrola e i tormentati versanti dei Dirupi di Boccademone, i Crivi di Mangiacaniglia e delle Falaschere. Durante il cammino incrociamo anche una piccola vipera intenta a termoregolarsi prima di infilarsi tra le rocce.



Il sentiero ora diventa ancor più impegnativo, inerpicandosi con tornanti ripidi fino a quota 850 m. dal quale si ha un ulteriore colpo d'occhio sulla rupe di Castel S. Noceto e sul profondo intaglio del Varco della Gatta. Poco oltre incontriamo una grossa ruota metallica con annessi cavi metallici, testimonianza del disboscamento di un secolo fa, veri reperti di archeologia industriale. Lungo la discesa troveremo altri spezzoni di cavo nel letto del fiume.











Da questo valico la traccia scende, attraversa il Vallone Fornelli e, seguendo il torrente omonimo, ci conduce finalmente all’Argentino dove immergiamo finalmente i piedi nelle sue fredde acque. Inizia così la risalita del fiume fra massi imponenti e cascatelle scroscianti. Nell'ultima parte incontriamo alcune anse dove il fiume si inforra tra alte pareti fino ad una frana di blocchi ciclopici che ostacolano l'accesso alla confluenza delle fiumarelle di Rossale e Tavolara. Con l'ausilio di una corda fissa superiamo l’ultimo salto. Siamo al Varco della Gatta.














Un misto di riverenza e contemplazione ci pervade rapiti da questo luogo tanto selvaggio quanto spettacolare e restiamo in silenzio davanti all’inarrestabile forza delle acque che si uniscono per dar vita all’Argentino. Tornarvi dopo tanti anni è per me un’emozione intensa, ma la via del ritorno è lunga e ci attendono altri luoghi incantevoli da vedere, condizionati anche dal pranzo prenotato al rifugio alle 16.30.



Cominciamo la discesa a oltranza facendo attenzione ad alcuni massi scivolosi ricoperti da una patina color rosso sangue. Si tratta di colonie di ferrobatteri, gruppi di microrganismi aerobi fissatori del ferro che ottengono carbonio dal biossido di carbonio e ricavano l’energia per il proprio metabolismo dall’ossidazione del ferro.











Dopo un tratto accidentato su una sponda esposta ma protetta da corde fisse, raggiungiamo la maestosa cascata di Fauzofili, alta una quindicina di metri e dalla notevole portata. L'acqua scende con un fragore solenne e alla base la caduta si placa in un'ampia pozza azzurra e cristallina, limpida come vetro. Un’atmosfera di sacralità avvolge il luogo, come se fosse un santuario naturale dove il tempo sembra si sia fermato. Gli escursionisti più audaci risalgono il fiume fino a questo punto proprio per immortalarne la sua bellezza.



Più a valle il fiume torna ad inforrarsi nuovamente tra pareti calcaree imponenti che ci introducono nell'antro delle "Acque piangenti", un ambiente da fiaba, con rocce pensili formatesi per erosione, ricoperte di muschio e capelvenere da cui stillano acque purissime. Questa cavità, la più grande, sembra una cattedrale naturale. Dopo di questa incontreremo altre nicchie rupestri più piccole ma ugualmente suggestive lungo un percorso sempre impervio ma compensato dal continuo contatto con la natura più incontaminata e primordiale. In successione dobbiamo superare un salto con masso incastrato e una piccola cascata con l'ausilio di un mancorrente allestito di fianco la sponda destra e più avanti altre due grotte stillicidiali, più piccole della prima ma ugualmente spettacolari.













Infine, prima di abbandonare definitivamente il fiume incontriamo una poderosa cascata a salti multipli, identificabile con il Vallone Deo Gratias che incide profondamente il versante sudoccidentale del monte Palanuda. Il sentiero risale in destra idrografica, riconduce alla fonte Pantagnoli e infine a Povera Mosca chiudendo quello che considero uno dei percorsi più spettacolari non solo della Calabria ma di tutto il sud Italia.



Giunti al rifugio,insieme ai miei compagni di avventura, Pasquale e Damiano, ci concediamo un momento di convivialità al ristorante con un gustoso pranzo a base di fusilli al sugo, bistecche di carne e un ottimo rosso locale. Meglio di così!



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