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lunedì 13 gennaio 2025

Direttissima invernale al Dolcedorme per la Gola del Turbine

Il versante sud del Dolcedorme in inverno regala sempre scenari d'incanto catalizzando l'interesse nei veri appassionati di piccozze e ramponi, che rapiti dal richiamo ipnotico della sua parete sud, tra le più elevate del meridione, si cimentano lungo i suoi imponenti crestoni e i suoi impervi canali innevati.



Tra le diverse salite che qui si possono realizzare, la "Direttissima invernale" per il Crestone sud dei loricati è la classica per eccellenza. Tecnicamente non difficile, è in ogni caso un itinerario alpinistico lungo, impegnativo, faticoso per il notevole dislivello e con forti inclinazioni che non ha nulla da invidiare a tante salite che si compiono sulle Alpi. Annoverarla ad una ascensione come le altre, pertanto non rende giustizia alla montagna più alta dell'Appennino meridionale. Io la considero a tutti gli effetti un'avventura adatta solo ai duri della montagna, ai più motivati.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per questo consiglio di partire prestissimo, essere veloci e leggeri quanto più possibile portando con sé solo il necessario: ramponi, una piccozza se si fa la Direttissima classica, consigliate due per la gola del Turbine.



Approfittando delle buone condizioni di innevamento alle quote più elevate nei versanti meridionali, con Pasquale ci diamo appuntamento sabato 28 dicembre alle 6 presso l'Orto botanico di Castrovillari. Questo vorrà dire partire dalla quota di 650 m. e affrontare di conseguenza un dislivello totale di oltre 1600 m. che metterà a dura prova gambe e polmoni. Con le frontali ci avviamo lungo i due chilometri di sterrato prima di raggiungere Valle Piana, la vera località di partenza per tutte le ascensioni da sud, accessibile soltanto a mezzo fuoristrada di quelli alti.



Il sentiero che segue, immerso tra pini neri, aceri,agrifogli e faggi si snoda tranquillo fino ai 1317 m. del Passo di Valle Cupa dove facciamo una prima sosta. Da questo punto in avanti cambia la musica perché bisogna affrontare l’ardito Crestone Sud detto “dei Loricati”, dove tra spuntoni di roccia, pini neri e loricati alterniamo tratti di arrampicata più facili ad altri più tecnici. A complicarci la vita ci si mette anche una brutta neve non trasformata che rende alcuni passaggi più ostici del previsto.



Il Crestone, ripido e aderto impone sempre la sua dura legge, non concedendo alcuna tregua fino ai 1800 m. di “Campo Base", una radura pianeggiante posta alla base delle pareti sommitali di “Sua Maestà”. Qui un tempo giaceva un enorme tronco secco di loricato che poteva servire da protezione o altro, bruciato durante l'immane incendio del 2012. Il colpo d’occhio da quassù è assolutamente mozzafiato. Il Dolcedorme svetta come un'immensa scultura di cristallo con le sue dolomitiche pareti di vetta ricoperte di pini loricati imbiancati, mentre alla nostra sinistra l’immenso anfiteatro delle Murge di Celsa Bianca precipita a valle dirupato, costellato da un dedalo di canali e creste a perdita d'occhio. Riusciamo anche a scorgere con lo sguardo la grotta scoperta per caso da me e Pasquale durante una salita nel 2016 incastonata in un contrafforte roccioso sotto le pareti sommitali del Dolcedorme.



Dopo un'ulteriore pausa integrando con barrette, gel energetici e fichi secchi ripieni indossiamo il caschetto, calziamo i ramponi e tiriamo fuori le piccozze prima di affrontare il traverso che ci depositerà all'interno dell'Anfiteatro di vetta, dal quale partono tutte le varianti della Direttissima. Decidiamo però di abbandonare anzitempo il Crestone perdendo un po' di quota. Di conseguenza usciamo all'interno del canalone principale molto più in basso. Questo ci allunga di un bel po' il tracciato dilatando i tempi sulla tabella di marcia, ma in compenso godiamo di un panorama più ampio e alternativo delle pareti di vetta.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalla base del luminoso e soleggiato Anfiteatro inizia la parte più spettacolare ed emozionante dell’intero percorso. E’ difficile descrivere a parole questo luogo forse perché in altri complessi montuosi dai 2000 m in su non c’è più vegetazione. Invece nel parco del Pollino a queste quote il pino loricato regna incontrastato. 



Ricoperti di galaverna sembrano enormi sculture di cristallo che si fondono perfettamente con le rocce che li circondano, un immenso giardino incantato di una bellezza irripetibile, dove il tempo sembra non esistere più, un luogo tanto suggestivo quanto ostile ma allietato da sublimi visioni da fiaba.



In ogni caso il nostro obiettivo è quello di rimontare l'ampio canalone per raggiungere la piramide rocciosa che separa la “Gola del Turbine” dalla “Direttissima” classica. Sempre in ambiente superlativo circondati da maestosi bastioni di roccia prendiamo a destra insinuandoci nella stretta gola del Turbine che raggiungiamo dopo una formidabile pettata su neve aimè non sufficientemente trasformata. Intanto altri tre impavidi stanno risalendo il canalone partiti dalla gola dei "Gendarmi" chiamata anche "Scilla e Cariddi". Ci ritroveremo nella via del ritorno al Passo di Valle Cupa.



All'interno della stretta gola, troviamo invece una neve finalmente ghiacciata e trasformata che ci permette una progressione appagante e piacevole che dura purtroppo solo per quel tratto in ombra perenne. Nel frattempo il cielo comincia a chiudersi e ad aprirsi come una fisarmonica finché dense folate di nebbia avvolgono tutto, sospinte da impetuose raffiche di vento settentrionale simili al Blizzard che spazzano violentemente la cresta. Ultime picozzate e dopo sette ore di dura lotta siamo in vetta. Immersi in questo biancore che sembra appartenere ad un mondo primordiale, con il vento aggressivo e implacabile che infierisce, il senso di solitudine è profondo, ma la soddisfazione è grande perché la Direttissima per la Gola del Turbine infine è fatta.



Dopo una breve sosta al riparo dal vento ma non troppo, in cui si tenta di buttar giù un timido boccone è meglio che ci rimettiamo in cammino per discendere l'aereo crestone est del Dolcedorme prestando attenzione alle insidiose cornici protese verso sud. Durante la discesa Il forte vento solleva la neve fresca e leggera polverizzandola, formando in tal modo il cosiddetto fenomeno delle nubi a bandiera, mentre un tappeto di dense nuvole ricopre i fondovalle e l'intero orizzonte. 



Più in basso ci inoltriamo nel vallone del Faggio Grosso, abituale via di discesa per queste ascensioni. È un ripido imbuto che in inverno e primavera accumula tanta neve. Infine imboccato il 921 A e successivamente il sentiero della “Tagliata”, dopo undici ore e mezza rientriamo finalmente alle auto di nuovo al lume delle nostre frontali.



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