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lunedì 13 febbraio 2006

Coppola di Paola dalla cresta Sud

Dopo le delusioni meteorologiche della Montea della settimana scorsa,oggi,lunedì 13 febbraio 2006 il mio Pollino mi ha regalato una splendida giornata di luce,di sole e di freddo,quel freddo di tramontana che consolida la neve e la trasforma in vetrato.Quel freddo e quella neve che mi piacciono tanto.Non avendo un mezzo fuoristrada e catene a bordo mi ritrovo col problema dell'avvicinamento.Penso così di prendere la strada che dalla Madonnina sale ai piani di Ruggio sperando di non trovare subito la neve,ma così non è perché dopo un paio di tornanti sono costretto a fermarmi e parcheggiare perché il fondo stradale è ghiacciato.Unica soluzione,raggiungere la lontana Coppola di Paola a piedi.Si tratta di una vetta di 1919 m. molto panoramica perché posta in una posizione baricentrica.Inutile lamentarsi del fatto che il comune di Morano Calabro non spala più la neve in questa strada .Eppure si tratta di una via d'accesso importantissima all'Acrocoro Centrale del Massiccio del Pollino.Consente infatti di raggiungere dalle relative località di partenza le vette più elevate del Pollino. Ma oggi non ho voglia di polemizzare.Dopo un'ora buona di marcia sulla pista giungo all'attacco della cresta sud che porta direttamente in cima.Quì incontro l'unica anima vivente che gira per i boschi, che come me ha pensato bene di godere di questa splendida giornata sui suoi sci.Guarda un po', è anche un mio paesano che lavora a Cosenza.Com'è piccolo il mondo.Dopo i saluti mi avvio.Subito in cresta il pendio si fa ripido e dopo aver superato la faggeta devo riporre i bastoncini da sci nello zaino ed estrarre la mia inseparabile piccozza,attrezzo in acciaio-cromo-molibdeno,indispensabile per chi voglia fare alpinismo e calzare i ramponi.C'è da superare un tratto di misto veramente insidioso.Ma sul punto più delicato perdo un rampone(che brocco!!!).A che stavo pensando quando li ho montati?Rifletto così sulle incredibili difficoltà che si incontrerebbero senza questi indispensabili strumenti. Il tratto finale di cresta è tutto su ghiaccio.Splendido.Il paesaggio ha un aspetto quasi metafisico.Il panorama,inutile ormai descriverlo da queste vette incantate e in queste condizioni di luce è superlativo.Il colore del cielo di un blu cobalto intenso che ti rapisce,ti incanta.(Ho sentito di ricercatori venuti dal nord Italia rimanere profondamente impressionati dal colore del cielo del Pollino).Per la via del ritorno opto di scendere dal canalone boscoso che separa la Coppola di Paola dal Cozzo Ferriero.Splendida discesa su neve alta e soffice.Mi ci lascio trasportare fino ad incrociare la strada che mi ricondurrà all?auto.Anche questa giornata è trascorsa all'insegna della montagna,con grande soddisfazione.

Il Monte di Hera 2°parte


? ??.La folla dei fedeli,alla tenue luce delle fiaccole,è al massimo dell?eccitazione.Dopo la processione,le purificazioni e la consacrazione,il rito è ormai giunto al suo momento culminante:Kyniskos Ortamos innalza la sua ascia e vibra il colpo fatale sul capo della predestinata vittima sacrificale?Grida liberatorie?orazioni alla dea Hera?mentre i sacerdoti squartano la bestia e ne dividono le membra.?
Chi è Kyniskos Ortamos?
E? un sicuro,importante abitante della misteriosa città che intorno al VI sec.a.C dominava la via istmica Sybaris-Esaro-Rosa-Tirreno,che si incuneava nello squarcio della orrida gola del Rosa,fra il massiccio di monte Mula e la Montea.
Grazie all?ascia votiva rinvenuta in località Cansalini di Porta Serra nel 1846,notissima agli epigrafisti per la dedica in dialetto dorico,iscritta in caratteri achei da Kyniskos,sappiamo con certezza che in questi luoghi esisteva il culto di una divinità,Hera,moglie di Zeus,regina del cielo,madre senza aiuto maschile di Efesto,protettrice delle donne e del matrimonio,dea della maternità e della fertilità.
Kyniskos era dunque un pubblico funzionario con una mansione?che egli esercitava in tutte le cerimonie nell?Heraion della sua città:si capisce che avesse una posizione di spicco nella vita locale e dedicasse alla dea un esemplare,appositamente modellato e fuso in un?officina del posto,dello strumento a lui proprio,col suo nome vistosamente iscritto.
La traduzione dell?iscrizione comunemente accettata è,infatti,la seguente:
<font size="2"
?Sono sacro di Hera della piana:
Kyniskos,Ortamos,mi dedicò
Come decima dei suoi lavori?.

La piana,o il pianoro dovrebbe essere quello dove oggi sorge il Santuario della Madonna del Pettoruto:è qui che tutti gli indizi vanno a convergere per l?individuazione del luogo in cui era ubicato il tempio di Hera.
La venerata statua conserva alcune delle caratteristiche della dea pagana:regge infatti,il figlio sul braccio sinistro e nella mano destra stringe un ramo di melograno.
Le manifestazioni del culto mariano che si svolgono al Pettoruto(Pietruto o ?EPI-TON-RHODON?inteso come luogo posto sul fiume Rosa) da maggio a settembre,in particolare pensiamo alla festa della Cinta,richiamano le antiche forme di prostituzione sacra,particolarissimo rituale sacrificale,in cui si offrono alla divinità ?prestazioni? sessuali di alcune fanciulle invece della loro vita.


Gli autori del brano succitato sono Pierino Calonico e Mario Sirimarco

lunedì 6 febbraio 2006

Il Monte di Hera



Quando nel contesto Pollino si parla della Montea,le si conferisce sempre un posto d'onore nel proprio cuore e nei ricordi perché questa è una montagna che per chi ha il privilegio di conquistarla affascina e rapisce, e dal punto di vista geomorfologico,e da quello naturalistico-ambientale,e da quello storico-archeologico.Già il suo toponimo rivela la straordinaria importanza di un tale luogo ricco di storia e legato alla colonizzazione greca e fondazione sul Mare Ionio della mitica città achea di Sibari. I traffici e gli scambi commerciali dei Sibariti si svilupparono infatti lungo antichi percorsi di valico e fondo valle sino al Mar Tirreno, ove fondarono la città di Laos, che tanta importanza ebbe per i rapporti della città achea con gli Etruschi. Nel 1846 nel territorio di San Sosti , in contrada "Casalini" nell'area della gola dove il fiume Rosa si apre tra il monte Mula e la Montea fu rinvenuta l'ormai famosa ascia votiva in bronzo con l'iscrizione :"Io sono consacrata ad Hera" ascrivibile al VI sec. A.C. Testimonia questa, con la sua iscrizione in lingua greca l'antica esistenza in quelle contrade di un santuario dedicato alla dea Era e delle offerte cultuali che ad essa si dedicavano. Attualmente il reperto è gelosamente conservato al British Museum di Londra.Ed ecco che se Monte Pollino è il Monte di Apollo,Montea diviene Monte di Hera (Monte-Era, Mont-ea).La sua conformazione geologica,la sua forma ad esse riversa con il suo profilo ripido e scosceso da praticamente tutti i versanti in un susseguirsi di pareti,guglie e pinnacoli,i passaggi strettissimi in cresta fanno di questa montagna un rilievo eccezionale non adatto a tutti,sicchè l'ambiente selvaggio,arcaico e solenne la fanno diventare una vera wilderness,termine di origine anglosassone che identifica ambienti non intaccati dalla presenza dell'attività umana e che produce in chi si lascia immergere in essi sensazioni ed emozioni intense.Raggiungere la vetta della Montea non costituisce perciò solo una meta puramente escursionistica,fisica ma soprattutto spirituale e profondamente interiore di chi possiede una innata passione per la montagna.

E così l'escursione di ieri in programma come temevo non ci ha permesso di conquistare la vetta.Colpa delle condizioni meteo che dopo una vaga speranza di apertura del cielo in prima mattinata sono peggiorate progressivamente una volta giunti sul crinale principale.Nebbia fitta e nevicata ci ha fatto desistere.Affrontare questa montagna in queste condizioni è davvero da escludere ,considerando anche la responsabilità implicate nelle uscite di gruppo.
Comunque ,di positivo c'è stato di aver esplorato una  nuova cresta che parte dal versante sud a sinistra della località di partenza Fontana di Cornia.Questo versante e quello nord sono infatti costituiti da una serie di crestoni che partendo dalla base s'innalzano paralleli verso il crinale che porta alla vetta.

Anche se non è andata come speravamo tutti ci siamo riproposti di ripetere l?avventura.Dopotutto,le montagne sono sempre la ad aspettarci.










In Foto:
Il nodo di assicurazione detto mezzo barcaioloLa radura di fontana di Cornia
Calata per far salire in sicurezza altri componenti del gruppo
Un tratto molto ripido ed insidioso del crestone
Monti La Castelluccia e Cannittello dalla fontana di Cornia