La bella ed interessante via di misto è stata aperta da Massimo Gallo, Domenico Bloise e Alessandro Galasso il 12 Gennaio2014.La volontà di operarne la prima ripetizione a fine stagione in questo versante del Pollino era davvero forte in un inverno che dal punto di vista nevoso è stato davvero scarso fino a metà Febbraio ma che poi si è scatenato riversando metri e metri di neve in pochi giorni seguiti da giornate piuttosto calde.
Così, insieme a Pasquale visto le alte temperature decidiamo
di partire in notturna costretti a raggiungere Colle dell’Impiso facendo il
lunghissimo e noioso giro per Rotonda e Viggianello agganciando la strada
“Ruggio Visitone” dal versante settentrionale del Massiccio, cento chilometri e
un’ora e mezza di macchina. Tutto questo perché il comune di Morano Calabro
(versante Sud) non si preoccupa di spalare la strada proveniente dalla
Madonnina via Colle del Dragone.
Alle due, caricati gli zaini all’inverosimile e frontali
accese siamo pronti per partire. Raggiungere i Piani di Pollino comporta un
avvicinamento davvero estenuante anche se il dislivello è molto diluito. Solo
alle quattro e trenta emergiamo dalla faggeta sulla piattaforma completamente
ghiacciata di Piano Toscano. Il Pollino è alla nostra destra ma ancora è quasi
buio pesto; ci chiediamo se non siamo troppo in anticipo rispetto ai tempi di
marcia.
Per raggiungere la base della Grande Frana decidiamo di puntare direttamente il pendio alla nostra destra rientrando ancora una volta nel fitto del bosco che cinge il versante nord del Pollino fino ad intersecare il bordo dell’evidente grande slavina partita proprio dal costone che segna l’inizio della via, facendo strage di alberi.
Alle prime luci dell’alba siamo allo scoperto e cominciamo a zigzagare risalendo il pendio della Grande Frana che via via diventa sempre più accentuato .La stanchezza si fa sentire. Gli zaini pesanti e la marcia nella notte ci hanno già sfiancato notevolmente e l’attacco della via a 1950 m. sembra irraggiungibile.
Superata una roccia affiorante sulla quale svetta un loricato disposto orizzontalmente raggiungiamo l’attacco della via al di sotto delle rocce. Solo in questo punto decidiamo di legarci, cosa che in realtà avremmo dovuto fare prima e si parte col primo tiro sfruttando tutta la lunghezza di corda a mia disposizione facendo sicura sulle rocce laterali del canale utilizzando chiodi da roccia e un fittone.
Nota dolente che un po’ ci aspettavamo è la qualità della
neve, davvero molle tanto che le picche hanno difficoltà a fare presa. Anche la
sosta è molto audace, visto che devo operare su una pendenza di 60,65 gradi
dove però posso sfruttare la sicura di un chiodo messo davvero bene. Da questo
punto recupero il compagno che purtroppo non riesce ad estrarre il secondo
chiodo. Ci prova come un dannato ma ,aimhè il chiodo rimane li, incastrato alla
grande .E’ proprio destino che ogni tanto un chiodo lo devi lasciare da qualche
parte.
Il successivo tiro ci deve consentire di raggiungere il grosso e unico pino loricato della via dove
è possibile attrezzare una bella sosta ma non è cosa facile. Guardando le foto
dell’apertura ho notato che c’era più neve e di consistenza migliore. Oggi le
condizioni sono diverse ,la neve è più
scarsa e non regge, per cui bisogna davvero mantenere tutti i sensi al massimo
dell’attenzione. Siamo al passaggio chiave. Davanti a me ho un muro di un paio
di metri che raggiunge i 75,80 gradi con
pochissima neve inconsistente. Leggermente a destra dello stesso posso
sfruttare un passaggio meno difficoltoso ma che si va ad incuneare su una esile
cengetta da affrontare carponi e con
rocce non proprio salde.
Anche il grosso zaino alle spalle con le ciaspole ai lati mi
crea qualche difficoltà perché il passaggio è davvero angusto ed insidioso ma
riesco mio malgrado a rinviare facendo passare un anello di corda su uno
spuntone di roccia davanti a me, proprio sul punto più complicato. Ora posso procedere
con più sicurezza facendo presa sulle rocce fino ad uscire da quella situazione
non proprio confortevole. Invece di puntare al pino loricato vado più in alto
sfruttando alcuni arbusti per la sosta. Recupero Pasquale che invece di
ripetere lo stesso passaggio va dritto risalendo il muro. Davvero bravo, anche
se c’è da dire che da secondo riesci a superare passaggi che da primo ci
penseresti un po’ su.
Da qui, ulteriori trenta metri con pendenze max 50°, ci
porta sulla cresta sommitale ormai fuori dalle difficoltà. Dopo 350 metri circa
di percorso agevole, si è in cima. Ma che spettacolo offre la vista delle
poderosi cornici di neve che sovrastano il bordo superiore della Grande Frana,
un muro davvero invalicabile.
A questo punto, dopo la scarica di adrenalina della salita è
d’obbligo spendere qualche parola sul paesaggio tutt’intorno: superbo come solo
questo versante del Pollino riesce a regalarci in ambiente innevato. Il fitto
mare di nubi ai nostri piedi che riempie le vallate e il cielo velato da nubi
stratiformi con sprazzi blu cobalto creano un’atmosfera davvero surreale.
Ora però la discesa è ancora lunga com’è stato lunghissimo
questo giorno infinito. Ci buttiamo lungo il Canale Sud Ovest raggiungendo in
breve tempo il Piano di Gaudolino invaso dalla nebbia. Siamo davvero stanchi e
schiacciati dal peso insopportabile dei nostri zaini che sembrano macigni,
carichi di tutta l’attrezzatura possibile ed immaginabile.Ne approfittiamo per
fermarci a “Spezzavummola”,la sorgente più fredda di tutto il Pollino per
ristorarci con la sua acqua freschissima e riprendere l’interminabile marcia
verso Colle dell’Impiso che è una vera liberazione ,ma non è finita. Ci tocca
rifare a ritroso tutto il giro in auto per rientrare in Calabria. Ma alla fine
anche questa è fatta.
1 commento:
ancora una volta un bellissima e interminabile giornata!!!!!!
Posta un commento