Il Monte Sellaro insieme allo Sparviere è l’ultimo balcone dell’estremo lembo orientale del Parco del Pollino che guarda verso lo Jonio.E’ una piramide rocciosa isolata che si staglia imponente sull’abitato di Cerchiara di Calabria,così che nonostante la sua quota non eccelsa, appare all’occhio dell’osservatore molto più elevata dei suoi 1439 m.E’ un territorio carsico di notevolissima importanza per la presenza di circa duecento grotte,due delle quali davvero straordinarie,l’abisso del Bifurto,un budello che scende in verticale nelle viscere della terra per 680 m e la Grotta Serra del Gufo che ha un andamento più orizzontale allungandosi per circa due chilometri. Vi è inoltre un canyon di eccezionale bellezza che serpeggia ai margini dell’abitato di Cerchiara dalle quali pareti altissime costituite da rocce a franapoggio partono due vie ferrate molto interessanti.E poi,a completare il quadro natulastistico e turistico vi è una sorgente di acqua calda e sulfurea,la “Grotta delle Ninfe” già frequentata dagli antichi greci.Infine,a i piedi del Panno Janco,la cima secondaria del Sellaro,sorge il Santuario della Madonna delle Armi (dal greco “Armon”ovvero roccia)meta di migliaia di pellegrini che ogni 25 Aprile giungono da ogni dove. Raggiungere la panoramicissima vetta del Sellaro non è difficile. Basta intraprendere un facile sentiero che si stacca dietro il santuario e poi per rocce fino alla vetta per un’ora e trenta o due.
La mia idea era quella di realizzare una direttissima lungo
la logica linea dello spigolo sud-ovest,superando eventuali salti rocciosi facendo
uso di attrezzatura alpinistica. Purtroppo porzioni di fitta macchia
mediterranea fatta di fastidiosi arbusti ci ha costretti a compiere degli
aggiramenti per trovare passaggi più comodi tracciando in tal modo un percorso
un po’ discontinuo non consentendoci di tenere la linea dritta come speravamo.
Abbiamo così attaccato alle 13.45 il sentiero che da 1000 m.di quota parte
presso un’area pic-nic a circa 600 m. dal santuario. Lo abbiamo seguito in direzione Ovest per
abbandonarlo dopo 15 min. inoltrandoci all’interno del bosco in direzione del
primo salto roccioso.
Ed eccoci alla prima lunghezza:30 metri,3 rinvii con fettuccia sfruttando piccoli arbusti di leccio su roccia un po’ marcia,difficoltà IV. Alle nostre spalle il bosco era acceso dei tipici colori autunnali,uno sgargiante spettacolo cromatico. Ci siamo addentrati nell’intricata vegetazione attraversando piccoli ma fastidiosi ghiaioni fino ad incontrare un piccolo salto,evitabile me che abbiamo voluto superare ugualmente spostandoci leggermente a sinistra: 10 m, 2 ottimi chiodi (IV).Abbiamo successivamente proseguito sul terrazzone in conserva per non slegare la corda che a fatica abbiamo fatto passare attraverso rami,rovi e quant’altro fino al terzo salto,un’imponente parete strapiombante con grotta decisamente insuperabile. Intanto il panorama sulla Piana di Sibari era superbo spaziando fino all’omonimo golfo.
Per trovare un passaggio più comodo,abbiamo individuato
all’estrema sinistra uno spigolo superato il quale ci avrebbe permesso di
affrontare la parte più alta della via. Sono riuscito a mettere un ottimo
chiodo per assicurare un passaggio molto estetico di IV- ma molto esposto (20 m.). Ci siamo ritrovati
sulla grande cengia al di sotto delle rocce terminali di vetta. Da destra a
sinistra tre canali puntavano decisamente in cima. I primi due,stretti ed
eleganti erano costituiti però da roccia
estremamente erosa e sbriciolata,impossibili da risalire. Sarebbero stati eccezionali
in inverno col ghiaccio ma da queste parti e a questa esposizione è già raro
che nevichi.
Il terzo,proprio davanti a noi ,più largo e di roccia
buona,con difficoltà di III- massimo, ma con qualche traverso esposto (da fare
attenzione)ci ha permesso di rimontare gli ultimi 100 m. di dislivello fino
alle ultime roccette a pochi metri dalla croce di vetta. Ad attenderci c’era un gregge di capre incuriosite dalla
nostra presenza. Abbiamo in tal modo toccato la sommità proprio mentre il sole
tramontava dietro la sagoma del Dolcedorme.Tutto intorno il panorama era
mozzafiato,lo sguardo si estendeva dalla Piana e dal Golfo di Sibari,alle Timpe
e alla vasta catena che collega Serra Crispo al Dolcedorme fino a Timpa del
Principe,e in lontananza la scura sagoma dei Monti di Orsomarso.
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