Esordisco esprimendomi in termini classici: quella del 6
dicembre è stata veramente una grande scalata. Prima di addentrarmi nel
racconto però, localizziamo in breve la via realizzata. Si snoda lungo il
versante sud del Dolcedorme, proprio nel cuore di pietra di questa
straordinaria montagna e va a fare compagnia
alle altre superbe vie della misteriosa ed oscura Valle Cupa. Osservando
la parete soprattutto in inverno quando i canaloni sono ricolmi di neve e risaltano
dal verde della vegetazione e dal grigio dei calcari, si può osservare
chiaramente questo “nuovo” canale che, staccandosi dalla via Luzzo subito dopo
la diramazione con Pietra Colonna e seguendo un percorso sinuoso, disegna una
gigantesca ESSE fino alla cresta Est del Dolcedorme.
Era da tempo nei miei programmi ma avevo soltanto notizie
frammentarie di qualcuno che in fase esplorativa, arrivato ad un certo punto si
era trovata la strada sbarrata dalle pareti, senza possibilità di superare
l’ostacolo previo utilizzo di corda e chiodi. Navigando in internet ultimamente
mi sono imbattuto nella pagina facebook di Mimmo I. che descrive la
realizzazione e la chiusura della via insieme ad altri tre compagni.
Dalla relazione emerge che arrivati al passaggio chiave
hanno superato una parete di 25 metri circa facendo uso di attrezzatura
alpinistica (due passi di IV°) dando la sensazione di non esserci alternative. La
via è stata chiamata anche “Canale Maurizio Primavera”, in ricordo del
quarantottenne di Castrovillari direttore della scuola di volo di Sibari
precipitato l’anno scorso col suo ultraleggero mentre sorvolava Cirò.
Con Pasquale ci avviamo all’alba subito dopo il sottopasso dell’autostrada (due chilometri prima della località di partenza Valle Piana) e di buona lena ci accingiamo a percorrere la pista che porta al Passo di Valle Cupa, punto di valico tra Valle Piana e Valle Cupa e snodo per risalire il Crestone Sud dei Loricati per la Direttissima. Lungo il percorso notiamo che sono stati posti in opera dei cartelli con i codici QR grazie ai quali, utilizzando la relativa applicazione ti spiegano in breve le caratteristiche del luogo e il panorama che si può osservare da quel punto.
Dopo una breve sosta al Passo, procediamo in direzione Est
sul sentiero che porta al Faggio Grosso incrociando poco dopo il canalone di
Valle Cupa. Attraversatolo, abbandoniamo la traccia principale che va in
direzione Timpone Campanaro, risalendo la pendice boscosa che costeggia il
canalone. A questo punto realizzo di aver commesso una grave leggerezza, mi
sono dimenticato a casa l’imbrago. Senza di esso penso, si potrebbe tentare di
fare qualche strana manovra che non sto qui a spiegare utilizzando soltanto
quello di Pasquale per arrampicare in sicurezza, ma è pur sempre qualcosa di
poco ortodosso e in alpinismo certi rischi non è proprio il caso correrli.
Comunque decidiamo per l’itinerario stabilito con la
speranza di trovare un passaggio senza far uso dell’attrezzatura. In ogni caso
avremmo preso la decisione migliore in loco valutando accuratamente le varie alternative di salita.
Finalmente dopo una dura erta giungiamo alla diramazione: a
sinistra si va per Pietra Colonna,a destra per la Via Luzzo. Naturalmente
proseguiamo per la Luzzo dove poco dopo incrociamo la nuova biforcazione che va
a sinistra. E’ un canalone piuttosto largo e ripido ma molto, molto sfasciato
ed eroso. A destra di quest’ultimo, parte un altro stretto canale con un salto verticale
di cinque, sei metri, anch’esso da esplorare.
Proseguendo superando ed aggirando i vari salti che sbarrano
la via ci imbattiamo nei resti di un casco completamente spaccato a terra. A
chi poteva appartenere e cosa sarà accaduto? Di certo la zona non è completamente
tranquilla. Notiamo infatti alcuni pini loricati bersagliati e scortecciati
dall’impatto con dei massi provenienti dalle pareti sovrastanti, addirittura si
può anche osservare come dalla cima di una guglia se ne sia staccato uno
veramente grosso. E’ una zona dove la roccia è davvero rotta e marcia.
A parte le considerazioni geomorfologiche di questi luoghi rimaniamo estasiati dalla grandiosità dell’ambiente intorno che, come dicevo all’inizio è il vero “cuore di pietra “ del Dolcedorme con i suoi paurosi canaloni, le sue vertiginose pareti e la tenacia dei pini loricati abbarbicati sul ciglio di profondi baratri. Quì è tutto grandioso, maestoso e selvaggio; anche un grosso gufo che spaventato dalla nostra presenza spicca il volo, si sarà chiesto che cosa mai ci faranno in un posto così ameno questi due strani esseri.
Ma ora concentriamoci sul passaggio chiave. Prima di
giungere alla base della fascia rocciosa terminale, il canale si dirama per
aprirsi infine a ventaglio in un dedalo di canali, fessure, camini e pareti
verticali. Le soluzioni potrebbero essere diverse ma sembra che non si possa
fare a meno di utilizzare l’attrezzatura per l’arrampicata. Ci tocca in tal
modo individuare un punto debole, un passaggio che ci permetta di superare
l’ostacolo senza far uso di corda e chiodi.
Ci spostiamo sulla sinistra individuando una parete di una
ventina di metri che fa da spigolo all’adiacente canalone di Pietra Colonna. Purtroppo
la roccia è davvero pessima, nel frangente di un tentativo di arrampicata senza
assicurazione alcuna, mi si stacca un grosso masso e sono costretto a
trattenerlo con la mano destra mentre con la sinistra reggo l’appiglio. Morale
della favola, non va.
Disarrampichiamo e proviamo più a destra dove da lontano avevamo
precedentemente notato un largo ed erboso pendio molto ripido all’apparenza superabile.
Mentre costeggiamo la parete notiamo però una piccola cengia che risale verso
sinistra che si va a congiungere con il punto d’arrivo del precedente tentativo
d’arrampicata.
E’ la soluzione!! Ecco la nostra “Cengia nascosta” che ci
permette di superare il passaggio chiave senza far uso della corda. E’ comunque
un passo di III grado di roccia estremamente erosa, quindi da non sottovalutare
ma è fatta. Il peggio è passato. Non ci resta che risalire i pendii ripidi che
risalgono a gradoni tra roccette e crestine fino a raggiungere il crinale Est
del Dolcedorme dove troviamo anche la neve. Venti centimetri che ricoprono
interamente i suoi versanti esposti a N-NE.
Intanto mentre folate di nebbia avvolgono tutto il versante
sud ci concediamo un meritato riposo consumando la nostra colazione prima di
discendere l’ampio impluvio del Faggio Grosso. Ultima considerazione da fare è
di valutare adesso le potenzialità di questa via nel periodo invernale.
Aspettiamo e vediamo.
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